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Home > Emilia Romagna > Nuovo carcere di Forlì, l’attesa per dare vita alla Rocca

Nuovo carcere di Forlì, l’attesa per dare vita alla Rocca

Cantiere infinito al Quattro. Ma prima o poi. Forlì disporrà del maniero di Caterina Sforza

Marco Bilancioni
30 Settembre 2022

Forlì – C’è un pezzo della Forlì del futuro ostaggio da anni della burocrazia: è il nuovo carcere che deve sorgere alla periferia Ovest della città, nel quartiere Quattro. Una storia iniziata almeno 15 anni fa, che ha attraversato vari intoppi e almeno due crisi economiche. Doveva essere pronto nel 2012: dieci anni dopo, sono state costruite le palazzine riservate alle guardie carcerarie e alle loro famiglie, la sezione femminile (unica in Romagna) e le mura esterne. Ma di fatto, il nuovo carcere non c’è.

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Nel 2016 è venuto in visita il sottosegretario Gennaro Migliore. Nel 2018 il suo successore, il forlivese Jacopo Morrone ha ‘salvato’ 31 milioni di euro per i lavori. Nel 2021, il consiglio regionale ha sollecitato l’Emilia-Romagna a interessarsi di un cantiere che sembra paralizzato. Pochi mesi fa, la direttrice dell’attuale penitenziario Palma Mercurio ha definito la situazione “una vergogna”. L’ultima ipotesi per la fine dei lavori era il 2025, ma altri ritardi si sono accumulati.

Perché questa scadenza è così importante? Nessuno attende di vedere una casa circondariale dal di dentro… Ma la nuova struttura del Quattro è fondamentale perché innescherà il via libera dell’attuale sede. Ovvero la Rocca di Ravaldino. Parliamo di un edificio storico alle porte del centro di Forlì che resterà vuoto (si spera per poco). Le potenzialità sono immense: siamo non lontani dal San Domenico, vicinissimi al Campus universitario, a pochi passi da un’arteria da rivitalizzare come corso Diaz, allo stesso tempo ben collegato, baricentrico tra via Emilia e viale dell’Appennino. Il fatto che, da un punto di vista culturale, Forlì abbia puntato recentemente sulla figura di Caterina Sforza, antica signora proprio di quelle mura, è l’ennesima ulteriore suggestione.

Non a caso, la Fondazione – durante la presidenza di Roberto Pinza – coinvolse uno dei più noti architetti del mondo: Massimiliano Fuksas. Il quale ha proposto più spunti – non un progetto – che la Fondazione ha donato poi al Comune: un hotel; un luogo per la ricerca; un’accademia d’arte, musica e danza; spazi per workshop e conferenze; orti urbani; spazi di co-living (aree cioè dove le persone lavorano e socializzano). Resta da capire quale parte del carcere sarebbe vincolata oppure no, specie alcune strutture dell’amministrazione penitenziaria.

Dopo Fuksas, una sola nuova proposta: quella dell’assessore alla cultura Valerio Melandri, di liberare gran parte dell’area e realizzare un parco. Mentre si sta già recuperando parte della struttura, per esempio rendendo visitabili alcuni camminamenti. Il tema, che ha fatto molto discutere, sembra uscito dal dibattito cittadino. Di certo, quando il carcere si sposterà Forlì non potrà permettersi il degrado che attanaglia vecchi edifici come l’Eridania o la Ripa. Il suo futuro è una delle domande più importanti per la città di domani.

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