Cesena – Alla sinistra del lungo corridoio monumentale, ecco la teca coi resti delle anfore etrusche. Guardare, ma non toccare. Se non altro perché poi c’è da rimuovere le ditate.
Non funzionerà più così, perché il modello museale del ventunesimo secolo è fatto di interazioni e suggestioni pensate per fare ciò che negli anni si era perso: ridare appeal al mondo della cultura anche a uso e consumo della generazione dei nativi digitali.
E’ la strada che ha imboccato il Comune di Cesena nell’avviare la progettazione del nuovo Museo Archeologico cittadino e che finalmente sta entrando nel vivo, a partire dai tavoli della commissione consiliare dove si sta delineando l’ossatura degli spazi che saranno integrati all’interno del complesso della Biblioteca Malatestiana. Trovarsi a fianco di una Memoria dell’Umanità Unesco è certamente un buon viatico, che però non può più bastare, come ha dimostrato la necessità di mettere mano in maniera significativa a spazi che erano finiti nel dimenticatoio della stessa comunità cesenate.
Dunque come è fatto un museo smart? A spiegarlo è più volte intervenuto l’assessore alla cultura Carlo Verona, affermando che il punto nodale non è esporre quanti più reperti possibile, quanto piuttosto dare a ognuno la migliore collocazione possibile, abbinata a un accattivante metodo di illustrazione. Via libera dunque a pannelli digitali e a esperienze sensoriali, pensante anche per consentire a chi è affetto da disabilità di entrare in pieno contatto con alcuni reperti arrivati fino a noi per testimoniare le tracce del passato della città.
I depositi sono colmi di oggetti e dunque è più che plausibile che le esposizioni vengano fatte ruotare, tenendo come punti fermi i reperti di maggior valore. Tra questi è scontato inserire il mosaico di epoca romana raffigurante un animale (pantera? Orso? Leone?) rinvenuto in via Strinati nell’autunno del 2017. E’ il più pregiato ma di certo non l’unico mosaico ad essere stato rinvenuto in città, tanto che tra le ipotesi c’è anche quella che potrebbe prevede l’effetto di camminare sopra ad alcuni pavimenti del nostro trapassato remoto, ovviamente coperti da apposite lastre di protezione adeguate a mantenere in tutto in sicurezza.
Il visitatore del nuovo millennio si conquista con l’effetto ‘wow’ e a quello, pur ovviamente senza scadere nella pacchianeria, non si può più rinunciare. Perché ci sono tanti modi per raccontare la stessa storia e le città future non potranno mettere in secondo piano le nuove aspettative delle comunità che le abiteranno. Le comunità saranno sempre più smart. Anche dentro ai musei.