Seregno (Monza-Brianza) – Ci sono giochi in cui invece che avere soldi virtuali guadagni criptovalute. Quei soldi che prima erano solo un ‘contatore’ all’interno del gioco, adesso hanno un risvolto sulla blockchain con le criptovalute. E a Seregno, in Brianza, la software house Aries Tech sta realizzando per alcuni clienti giochi che utilizzano una criptovaluta.
La moneta viene messa poi sui sistemi di scambio delle criptovalute a livello mondiale e quindi assume un valore reale. Con la possibilità di convertirla in euro e ricevere il bonifico. Un po’ come avviene con l’App che ti fa guadagnare se cammini: «L’incentivo dato dalla possibilità di guadagno in criptovalute a compiere azioni è un bel motore che stimola all’attività fisica, a seguire un’alimentazione sana e pure a migliorare il proprio lavoro», spiega Luca Vajani, ceo e founder di Aries Tech. Un esempio su tutti: «Un’azienda metalmeccanica ha già dei sistemi di controllo ottico dei pezzi prodotti e sa chi è l’operatore che l’ha fatto: se a ogni pezzo perfetto ti faccio guadagnare un po’ di criptovaluta può essere un incentivo ai lavoratori a fare sempre meglio il proprio compito».
Prospettive e opportunità che nascono in un vecchio supermercato abbandonato che Vajani ha ristrutturato e trasformato in un centro di gravità permanente (Seregno Hub) di idee innovative su tecnologie e programmazione. Loro sono specializzati nella blockchain, cioè un registro di contabilità condiviso e immutabile che facilita il processo di registrazione delle transazioni e la tracciabilità dei beni in una rete commerciale. Un asset può essere tangibile come una casa o un’auto, ma anche immateriale come la proprietà intellettuale: qualsiasi cosa che abbia un valore può essere rintracciata e scambiata su una rete blockchain, riducendo rischi e costi per tutti. Una rete blockchain può anche tracciare ordini, pagamenti, account, produzione.
«Nell’utilizzo reale ci sono tantissimi campi di applicazione che sono da sviluppare: progetti per filiere di certificazione, sistemi dove si può scrivere qualsiasi tipo di dato», spiega Vajani. E poi ci sono gli NFT, acronimo di non fungible token (gettone non duplicabile), che «ti danno una prova tangibile di proprietà di un bene digitale, anche in campo artistico».
Nella vita reale, «se oggi andiamo a fare un rogito dal notaio, dov’è scritto che quella casa è nostra? Su un pezzo di carta. Invece potrebbe essere digitalizzato e posto come NFT su una blockchain, magari una blockchain di Stato. Sarebbe una grossa semplificazione di consultazione dei registri e soprattutto darebbe una garanzia di non corruttibilità, perché un pezzo di carta può essere distrutto. Potrei anche metterlo in digitale su un database, ma se il database viene hackerato?». E già ci sono esempi di blockchain, ad esempio tra aziende.