Palmaria (La Spezia) – Un sito internet dedicato: «Palmaria nel cuore»; una pagina omonima su Facebook. E poi incontri a tavolino ed escursioni sull’isola per apprezzare i tesori (naturali e di architettura militare) e cogliere il degrado dei fabbricati sparsi. Accadeva nel 2017. Così il percorso partecipato di interazione con lo studio LAND incaricato dalla Regione Liguria per la redazione del Masterplan dell’isola Palmaria che ha poi definito cinque scenari progettuali sui quali si è innestata al decisione politica dell’albergo diffuso di qualità.
Un traguardo ’figlio’ dell’intesa (del marzo 2016) tra Marina Militare, Regione Liguria, Demanio e Comune di Porto Venere per trasferire a quest’ultimo i beni della prima a scopo di valorizzarli con risorse private connesse a vendite o concessioni: ruderi di antiche batterie e di abitazioni militari da acquisire in cambio del restyling degli stabilimenti balneari di sottufficiali e dipendenti civili della Difesa e del sito del Terrizzo.
Proposito del percorso partecipato: «Costruzione di un progetto identitario che consenta di rafforzare il senso di comunità e definire un modello di sviluppo che rappresenti un esempio a livello europeo di convivenza tra ecosostenibilità e valorizzazione turistico-territoriale».
All’inizio, un centinaio di attori attivi. Siamo nel 2022 e, dopo il recente annuncio del presidente della Regione Giovanni Toti dell’uscita in estate del primo bando per dare corso alla valorizzazione dei beni, la piazza è tornata ad agitarsi: sabato 9 aprile 100 ambientalisti hanno partecipato al flash mob contro il Masterplan o meglio contro la scenario 5 bis da loro inviso perché ritenuto troppo penalizzante dei valori ambientali, paesaggistici e storici dell’isola.
Al di là delle valutazioni di merito, per quel che ci interessa in questo contesto, il cosiddetto percorso partecipato non ha centrato il proposito dichiarato di traguardare proposte condivise. La gestione era affidata ad una società dal nome evocativo: «Basi comunicanti». A dirigerla un’esperta in comunicazione Silvia Natale. E’ lei che ha messo a punto e aggiornato la piattaforma ’comunicante’ per la raccolta delle idee (attraverso moduli dedicati e possibilità di corredi fotografici) e dei documenti che hanno scandito lo sviluppo del processo fino all’atto d’indirizzo politico. Ognuno ha fatto la sua parte.
Il team destinatario dei desiderata, lo studio LAND dell’architetto Andreas Kipar, ha elaborato gli scenari. Il bilancio lo trae l’architetto Matteo Pedaso: «La redazione del Masterplan è stata scandita da diverse fasi con passaggi sia istituzionali che legati al processo partecipativo. Come nelle migliori pratiche si è cercato di condividere il processo in progress in modo aperto e si è poi lavorato per scenari, proprio al fine di indagare le diverse opportunità connesse alla riqualificazione di un territorio dai fragili equilibri. Un lavoro di approfondimento che ha cercato di mettere a sistema diversi aspetti anche legati alla fattibilità degli interventi e che è servito al Tavolo Tecnico per prendere le decisioni poste alla base del Masterplan. La gestione di questi processi non è mai semplice e necessita dei giusti tempi, non sempre coincidenti con le esigenze amministrative e del passaggio dalla logica della progettazione tout court a quella della coltivazione dei propositi e dei rapporti fra le parti. Coltivazione che si risolve così in cura del territorio e della sua evoluzione. Ricordiamoci, e vale per tutta l’Europa, che i nostri paesaggi devono tornare a una nuova produttività. La tutela del territorio non è lasciare che le cose vadano come vanno. Bisogna tornare a prendersi cura dell’ambiente. Questo è il primo tassello della cultura che vuole preservare la natura».
Parola agli ambientalisti. «All’inizio il percorso aveva creato aspettative. Ma col tempo la carica ideale si è affievolita» dice Alessandra Ricci esponente del movimento «Palmaria Si, Masterplan No. Questione di percezioni, di mancati riscontri immediati alle richieste di approfondimento. Abbiamo sentito puzza di bruciato. E’ maturata la convinzione che il percorso partecipato fosse solo uno specchietto per le allodole. Non c’è poi mai stata possibilità di confronto di merito negli organi deputati: consiglio comunale e regionale. Chi è sceso in piazza aveva partecipato ai tavoli; ergo è rimasto deluso dal percorso partecipato. Non siamo oppositori preconcetti; anche secondo noi i ruderi vanno recuperati ma questo deve avvenire all’interno di una visione di isola per tutti, non a misura di pochi ricchi».
Ecco le valutazioni del sindaco di Porto Venere Matteo Cozzani. «I percorsi partecipati non sono di certo semplici. Possono rischiare di diventare tribuna per posizioni preconcette, quando invece si dovrebbe partecipare con un approccio più aperto e collaborativo. Credo che, pur con le obiettive difficoltà, il nostro percorso abbia raggiunto gli obiettivi prefissati. Sono stati molteplici gli incontri organizzati con cittadinanza, stakeholders, associazioni sportive, culturali, ambientaliste, senza escludere le associazioni di categoria e tutte le persone che singolarmente hanno ritenuto di voler essere coinvolte. Il frutto di questo lavoro, ovvero i cinque scenari, sono stati la base su cui il Tavolo Tecnico (composto da Ministero dei Beni culturali, Marina militare, Regione Liguria, Comune di Porto Venere) ha elaborato la proposta attuale, poi discussa e adottata in Consiglio Comunale. Credo che la proposta scelta rappresenti una soluzione che valorizzerà l’isola in tutti i suoi aspetti e la renderà fruibile a tutti quanti, non solo ai ricchi come sostiene chi ama fare demagogia per meri motivi politici ed elettorali. La presenza di nuove attività garantirà un’attenta manutenzione del territorio ed un presidio importante, oltre ad ingenti investimenti pubblici, che renderanno l’Isola ancora più speciale».