Siena – Migliorare la qualità della vita delle persone colpite da ictus o affette da lesioni al midollo spinale grazie alla robotica. E renderli cittadini sempre più autonomi e indipendenti per le città del futuro. È l’obiettivo del progetto Haria che ha ricevuto un finanziamento di 4,6 milioni di euro dal programma europeo Horizon.
Il progetto è coordinato dal’Università di Siena, di cui è responsabile scientifico il professore Domenico Prattichizzo. L’ateneo coordinerà un consorzio interdisciplinare composto da sette enti di ricerca europei tra cui l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e la Fondazione Santa Lucia di Roma e l’azienda tedesca Ottobock. «Haria – spiega Prattichizzo – si rivolge a persone per cui, per svolgere semplici interazioni quotidiane, serve l’ausilio degli assistenti. La sfida è quindi restituire la possibilità di poter tornare a fare le cose da soli».
In che modo? Qui vengono in aiuto i robot. «A oggi – spiega – questi ultimi sono nostri maggiordomi, ma possiamo farli diventare vere e proprie estensioni del corpo. L’uso della tecnologia aumentativa permette di controllare arti robotici soprannumerari e i loro movimenti e di percepirne fisicamente le sensazioni. Faccio un esempio: se il braccio robotico toccasse qualcosa di bollente potremo far sentire all’uomo che lo monitora una scottatura». Il robot si collega all’uomo attraverso delle interfacce sensomotorie come una fascia di 100 grammi, ricca di tecnologia meccatronica, da indossare.
«Logicamente non possiamo usare un arto paretico e dobbiamo capire dove possono essere quelle parti del corpo capaci di collegarsi agli arti sovrannumerari». Haria vuole ridefinire la natura dell’interazione fisica uomo- robot e, allo stesso tempo, di porre le basi di un nuovo campo di ricerca, ovvero l’augmentation sensomotoria i cui elementi costitutivi sono rappresentati proprio da arti robotici sovrannumerari controllati da sistemi di intelligenza artificiale e collegati all’uomo tramite interfacce sensomotorie indossabili.
Questo progetto andrà anche oltre l’applicazione alla medicina, dando inizio a una nuova era nell’uso di arti sovrannumerari in modo intuitivo e aumentativo senza soluzione di continuità tra uomini e macchine mediante interfacce sensomotorie indossabili in grado di catturare movimenti e attività elettrica del muscolo e di collegarlo ai sistemi robotici o domotici. Basti pensare, ad esempio, all’ambito industriale per la movimentazione delle merci, o a quello medico per le operazioni chirurgiche.
«Dal vestirsi, al cucinare, al pulire e al pulirsi: sono tutte cose che chiederebbero un ausilio» chiarisce Prattichizzo. «In futuro ci si potrebbe spostare anche nei soggetti che non sono affetti da queste patologie.
Proviamo a immaginare un cittadino che sta portando i sacchi della spesa e che non riesce ad aprire la casa: adesso ci vengono in aiuto i moderni sistemi di domotica, ma comunque chiediamo aiuto a qualcuno. Con queste tecnologie invece basterà dare un semplice comando con un muscolo, per cui la casa diventa quasi come una nostra estensione». Il ragionamento si può pure applicare in campo industriale.
«Se dobbiamo alzare merci molto pesanti lo potremo fare con le braccia robotiche che ci faranno stancare molto meno. Ci siamo sempre affidati a tecnologie aumentative della nostra capacità di conoscere e ricordare, come pc e smartphone. Ma se non ci occupiamo di tecnologie legate alla nostra anatomia rischiamo di diventare esseri con super cervelli, ma con il corpo di milioni di anni fa».
Tecnologia oltre la domotica
Proviamo a immaginare un cittadino che sta portando i sacchi della spesa e che non riesce ad aprire la casa: adesso ci vengono in aiuto i moderni sistemi di domotica, ma comunque chiediamo aiuto a qualcuno. Con queste tecnologie, trasformate in realtà, invece basterà dare un semplice comando con un muscolo, per cui la casa diventerà quasi come una nostra estensione del nostro corpo.