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Home > Toscana > Marta Ciafaloni: “Rivoluzione verde? Servono cultura e talenti”

Marta Ciafaloni: “Rivoluzione verde? Servono cultura e talenti”

Con la vicepresidente dell’Ordine degli Architetti di Pisa parliamo della sfida per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050

10 Dicembre 2022
L’architetto Marta Ciafaloni, vicepresidente dell’Ordine Architetti e Paesaggisti di Pisa

Pisa – «Quella che si definisce rivoluzione verde, finalizzata a conseguire la neutralità climatica entro il 2050 e a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55% entro il 2030, è innanzitutto l’attuazione di una rivoluzione culturale», riflette Marta Ciafaloni, vicepresidente dell’Ordine degli Architetti con una importante carriera da funzionario dei Beni Culturali.

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L’architetto Ciafaloni sottolinea «il ruolo fondamentale delle pubbliche amministrazioni quali indispensabili cerniere tra il mondo sociale e le sue espressioni culturali, economiche e produttive. Non possiamo ignorare quanto la loro efficienza sia stata trascurata e addirittura compromessa da orientamenti e scelte politiche inadeguate».

Per non ripetere gli errori del passato e procedere verso «una reale transizione ecologica – spiega – bisogna lasciare spazio ai talenti, a un corretto uso della tecnologia orientata al benessere dell’uomo e a una costante tolleranza intesa come capacità di assorbire diversità più che capacità di coesione, poiché una società che non sa aprirsi al cambiamento ha grande possibilità di regredire. E tutto ciò è impossibile senza una solida base culturale».

Architetto Ciafaloni, i problemi di oggi sono eredi della miopia del passato.

«I tagli, operati nelle fasi di governo in maniera non selettiva, sono responsabili di un’assenza diffusa di aggiornamento e specificità professionali e di una palese e insostenibile carenza di organici, necessari alla gestione urbana e sociale ed evidenziatisi clamorosamente in fase di attuazione del PNRR. Occorre chiedersi come in tutta Italia si sia potuta ignorare così a lungo la carenza infrastrutturale o come, più volte negli anni, si siano potuti adottare provvedimenti per alimentare i settori delle costruzioni e del commercio, ottenendo come risultato la mera speculazione che si è poi ritorta contro gli stessi interessi di quegli operatori e contro l’interesse pubblico».

C’è un rimedio?

«Occorre graduare gli interventi secondo concrete priorità e con una visione globale a medio e lungo termine, avendo presente che il ruolo e la responsabilità sociale prescindono dal mandato dell’incarico politico; occorre una progettazione consapevole: il ritardo economico e strutturale di consistenti porzioni di territorio italiano incide sull’economia nazionale e deriva in gran parte non dalla mancanza di denaro ma dalla cattiva gestione dei beni comuni e dall’incapacità di analisi, organizzazione e programmazione. Quel ritardo ha prodotto degrado urbano, carenza infrastrutturale, sanitaria, abbandono scolastico, degrado culturale, morale e sociale, trascuratezza e insensibilità verso l’ambiente e l’habitat naturale».

Si ragiona di sviluppo, ma il rischio è che esso non sia equo.

«Si potrà parlare di vera transizione ecologica in presenza di una correlazione tra un pianeta in salute e una società giusta. Ma innanzitutto è necessario fare proprio il concetto di limite, avviando un processo che dal modello economico e sociale basato sullo sfruttamento intensivo delle risorse ambientali transiti a un modello che impiega, protegge, implementa e valorizza il capitale naturale, ponendolo alla base di ogni azione di pianificazione, programmazione, progettazione, con l’obiettivo di tutelare il benessere degli esseri viventi e del territorio».

In questo senso transizione ecologica ed energetica camminano insieme.

«La cooperazione multidisciplinare tra individui e istituzioni è garanzia del benessere delle future generazioni. Include i temi dell’agricoltura sostenibile, delle risorse idriche e dell’inquinamento, della corretta gestione e riciclo dei rifiuti, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica degli edifici anche mediante la cooperazione di comunità e la costituzione di centri di accumulo capaci di far fronte alle problematiche di approvvigionamento energetico nei nuclei storici, nel rispetto di paesaggio e ambiente».

In questo il ruolo di architetti e urbanisti è essenziale.

«Bisogna attivare processi connessi con la pianificazione territoriale, integrata da una conoscenza del potenziale energetico e infrastrutturale. Il progetto di gestione e integrazione del verde urbano, ad esempio, anche da ripristinarsi in zone degradate soggette a riqualificazione, si connette alla progettazione della città in ogni fase. Se collegato alla cinta agricola e agli ambiti periferici mediante infrastrutture veloci e di mobilità dolce affiancate e integrate da ampi corridoi verdi di connessione che includono gli ambiti fluviali, il verde è capace di contribuire in modo significativo alla climatizzazione urbana nei mesi estivi e di svolgere un ruolo importante di salvaguardia della biodiversità».

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