Pisa – «La città è il luogo del diritto di ogni cittadino. Una Smart City non può non combinarsi con l’idea di città come formazione sociale che nell’organizzazione degli spazi mette al centro il progetto della persona umana». Patrizia Bongiovanni, presidente dell’Ordine degli Architetti, Paesaggisti, Pianificatori della provincia di Pisa, rivendica il ruolo di questa categoria di professionisti che opera e riflette intorno al concetto di città nel complesso intreccio tra istanze dei cittadini e cambiamenti.
Presidente, a proposito di bisogni dei cittadini, la pandemia ha dato voce a nuove esigenze.
«Il mondo ibrido in cui lavoreremo in parte da casa e in parte in ufficio, muterà gli equilibri urbani che siamo abituati a conoscere. Le città intelligenti non possono sostituire le città vivibili, riconoscibili per la loro identità. E i valori di libertà, uguaglianza e solidarietà non possono essere sostituiti da comfort, sicurezza e sostenibilità».
Si spieghi meglio.
«Tutto si evolve: anche solo il concetto di finestra, diventata più durevole e a risparmio energetico. Abbiamo app per trovare parcheggi e città piene di sensori per alimentare servizi evoluti e una gestione più efficiente della città. Ma è sufficiente? Pensiamo alla ‘fame’ di luoghi verdi e al rapporto con la natura nelle città. L’errata interpretazione del consumo zero di suolo ha avuto l’effetto di renderci prigionieri nelle nostre case, senza terrazzi, spazi verdi comuni o semplici balconi. Non pensiamo quindi una città smart, come una città automatizzata, capace di prevedere e controllare ogni nostra azione in nome del comfort, ma creiamo un modello intelligente in cui gli esperti di IT possano collaborare con gli architetti per renderla più vivibile e più felici».
Cosa intende?
«Possiamo migliorare mobilità urbana, monitoraggio ambientale, infrastrutture urbane, efficienza energetica, ma se in un’area industriale come è Ospedaletto non esistono servizi, parchi e zone all’aperto per socialità e recuperare un rapporto con la natura, non si migliora la qualità della vita a chi ci lavora. La re-naturalizzazione, la circolarità delle risorse, associati al concetto di salute e benessere sono parte delle strategie di una smart city».
Fra le richieste dei cittadini c’è l’autonomia energetica.
«E’ un diritto fondamentale. La politica deve produrre gli strumenti normativi e pensare un impatto positivo della tecnologia sulle nostre città. Bene riqualificare i palazzi con i pannelli solari, anche se il dibattito per gli edifici storici è ancora aperto. Sarebbe interessante che la tecnologia capace di reimpiegare l’energia solare sviluppi sistemi che mitighino gli impatti sul paesaggio».
La riflessione intorno alle Smart City ha fatto emergere alcuni punti critici.
«Ci sono almeno tre grossi rischi. Il primo riguarda l’utilizzo dei dati personali connesso con l’incremento di app e della tecnologia: la privacy è un diritto assoluto. C’è poi la questione della alfabetizzazione dei cittadini rispetto all’utilizzo delle tecnologie digitali. E infine c’è il rischio sostanziale di un aumento del divario tra ricchi e poveri. Il principio etico di comunità non deve lasciare spazio a situazioni che aumentano la forbice delle diseguaglianze. La politica e la tecnologia devono reinventare il loro rapporto, nel rispetto della dignità e dei valori di ogni persona».