Forlì – Le chiamano aree interne, si legge Appennino da valorizzare. In calce al documento che le istituisce c’è una cifra: 4 milioni di euro, ma possono essere molti di più visto che le aree interne hanno la priorità anche sui fondi del Pnrr. Si parla di soldi, ma per capirne l’importanza è sufficiente leggere l’elenco di progetti a cui sono destinati: turismo, viabilità, sanità, digitale. Il futuro dell’Appennino è cominciato lo scorso 22 giugno.
Quel giorno, il ministro per la coesione territoriale Mara Carfagna era attesa al teatro Diego Fabbri per il trentesimo compleanno della Fondazione Cassa dei Risparmi. Poche ore prima il governo aveva inserito i comuni di Civitella, Galeata, Santa Sofia, Premilcuore, Rocca San Casciano, Portico e San Benedetto e Tredozio (più le cesenati Bagno e Verghereto) nell’elenco delle aree interne. Ovvero luoghi lontani dai capoluoghi e oggettivamente svantaggiati: pensiamo allo spopolamento, la denatalità, la banda larga che non c’è, le prospettive lavorative difficili, le infrastrutture carenti. Chi fa parte di questo elenco ottiene subito fondi (non a pioggia: come si nota, ne sono esclusi i comuni pedecollinari). E, soprattutto, prospettive. La possibilità di ottenerne altri. Che va di pari passo con alcune idee per rilanciare la montagna.
Il 22 giugno, in assenza del ministro, l’annuncio è stato dato dal presidente della Fondazione Carisp Maurizio Gardini. Del resto è stata la Fondazione il regista dell’operazione. Una candidatura nata esattamente un anno fa in corso Garibaldi, con una riunione insieme ai sindaci, e conclusa dopo circa dieci mesi. Gardini, fin dall’inizio, aveva manifestato la fiducia di potercela fare. Al punto da avvertire: “Se ci riusciamo, la Fondazione potrebbe fare anche a meno di stanziare fondi per l’Appennino, arriveranno da Roma”.
Ma cosa cambierà in concreto per chi vive in montagna? Un esempio molto concreto dello stesso Gardini: “Le farmacie rurali potranno effettuare analisi e poi spedire i campioni, in maniera che il cittadino non debba più scendere fino in città per il servizio”. Come avere in ogni paese un centro prelievi simile a quello dell’Ausl in via Colombo, con risparmio di tempo e denaro. E soprattutto, la sensazione di non essere più alla periferia.
Non solo: nel dettaglio, i fondi potranno essere investiti per infrastrutture digitali che superino il divario tra montagna e pianura. Ma anche per creare nuove ciclovie (allo studio ce n’è già una che colleghi Santa Sofia a Cesenatico) e valorizzare i cammini, come quello di Assisi, di Sant’Antonio o la via Romea Germanica: piste di antichi pellegrinaggi che però hanno bisogno di servizi per portare nuovi visitatori. Magari offrendo prodotti tipici locali (altro settore su cui investire) o mostrando un volto migliore, riqualificando borghi e paesaggio. Il passato si collega direttamente al futuro.