Milano – Superare le barriere fisiche attraverso la tecnologia. Con un laboratorio simile a una casa domotica: le sue dotazioni “smart” sono in grado di rispondere al bisogno di autonomia dei pazienti con patologie neurodegenerative e neuromuscolari.
Si chiama “Home Lab” ed è uno dei dieci laboratori in funzione a NeMOLab, il primo e unico “hub” di innovazione tecnologica in ambito neuromuscolare in Italia. Il polo di ricerca tecnologica si trova al terzo piano dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, ed è frutto della sinergia tra i Centri Clinici NeMO e il Gruppo Cooperativo Gino Mattarelli (Cgm). La sua missione, inaugurata l’aprile dell’anno scorso, è sviluppare soluzioni innovative per chi è costretto a convivere con malattie altamente invalidanti come la SLA, la SMA e le distrofie muscolari.
A soffrirne in Italia sono circa 40mila persone: queste patologie causano un progressivo indebolimento della muscolatura volontaria, portando ad una riduzione nel tempo dell’autonomia personale. In poco più di un anno di attività sono stati presi in carico tra ambulatori e laboratori «circa 350 pazienti» spiega Stefano Regondi, direttore generale di NeMOLab. Dieci sono i laboratori interdisciplinari (l’ultimo è nato nell’ambito dell’intelligenza artificiale) con 18 ricercatori che lavorano in collaborazione con colleghi – fra gli altri – di CNR, Politecnico di Milano, il Campus Biomedico di Roma.
La partnership è anche con colossi aziendali come Google che ha messo a disposizione i dispositivi smart Google Nest all’interno di Home Lab per allestire un ambiente casalingo “smart” controllabile con la voce. Ci sono una cucina e lo spazio living, dotati di tecnologie e arredi domotizzati che rendono l’ambiente a misura di un paziente neurodegenerativo.
«La cucina ad esempio è allestita con pensili motorizzati che si abbassano con l’assistente vocale consentendo al paziente di recuperare il pentolino e poi, sempre col comando locale, di accendere il piano di induzione o aprire il frigorifero. Con l’assistente vocale si possono poi regolare anche la temperatura, la luminosità, abbassare le tende, suonare un campanello. Così piccole azioni quotidiane possono essere condotte in autonomia» spiega il direttore generale.
Nel laboratorio l’«addestramento» a queste tecnologie è rivolto anche al caregiver e ci sono poi le aziende domotiche che sperimentano qui gli ultimi «ritrovati» della loro ricerca applicata. Fra i vari laboratori, Ortho Lab, Biorobotics Lab e Mobility Lab sono spazi dedicati alla progettazione e allo sviluppo di tecnologia abilitante e adattiva, Entertainment Lab è focalizzato sullo sviluppo di progetti riabilitativi basati sulla realtà aumentata e immersiva, mentre per contrastare la perdita delle abilità funzionali della capacità visiva è stato sviluppato Opto Lab.
E poi c’è Voice Lab che studia la conservazione della voce attraverso sistemi di comunicazione aumentativa alternativa perché una delle conseguenze della malattia neuromuscolare può essere la perdita della funzionalità vocale. Questo laboratorio, inoltre, utilizza algoritmi e machine learning per configurare marcatori diagnostici e predittivi attraverso la traccia audio.