Nuove tecnologie al servizio delle imprese, dalla sostenibilità all’accesso al credito attraverso la smart economy. Ma con una precisazione chiara: portare infrastrutture non basta per ottenere sviluppo. Bisogna superare anche il digital divide cognitivo.
Di questo si è parlato nell’evento digitale ’L’innovazione come leva di crescita e inclusione. Le sfide da affrontare per superare il digital divide’ promosso da Qn a settembre. A dialogare con Sandro Neri, si sono alternati Stefano Fasani, Open-es Program Manager e Eni Head of Procurement Innovation, Francesco Brami, CEO e co-founder di Change Capital, Paolo Barberis, fondatore di imprese digitali come Nana Bianca e Dada, e Simone Ombuen, moderatore del sottogruppo Rigenerazione Urbana del Gruppo di lavoro del Goal 11 dell’ASviS e professore associato in Urbanistica all’Università degli Studi Roma Tre.
La tecnologia può aiutare le imprese nel percorso di sviluppo sostenibile?
«Le imprese di ogni dimensione e settore – aveva affermato Fasani – sono oggigiorno chiamate, da sempre più direzioni, a misurare il proprio profilo di sostenibilità e intraprendere un percorso di miglioramento. Gli istituti finanziari e assicurativi e i capo-filiera industriali devono richiedere queste informazioni e approccio a clienti e fornitori per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità e le evoluzioni normative che sempre più ragionano in ottica di catena del valore. Tutto ciò se non inserito in un percorso di sistema si traduce in un proliferare di richieste scollegate con un aggravio burocratico per le aziende difficilmente sostenibile, specie per le Pmi. Per questa ragione è stata lanciata Open-es, un’alleanza tra mondo finanziario, industriale e associativo che offre gratuitamente una piattaforma digitale che accompagna tutte le imprese nel percorso di misurazione, miglioramento, condivisione e collaborazione sui modelli standard di sostenibilità».
L’iniziativa conta oggi già più di 7.500 imprese, e importanti partner di diversi settori (Eni, BCG, Google Cloud, Accenture, Iveco Group, Snam, Rina, KPMG, WeBuild, Autostrade, Techedge, Baker Hughes, Saipem, illimity Bank, ESG European Institute, Luiss Business School e SDA Bocconi). Accedere alla liquidità con un solo clic. La mission di Change Capital, start up fin tech che innova l’accesso al credito per le Pmi, riducendo i tempi di risposta e la burocrazia attraverso un connubio human-tech. «Con unica piattaforma – aveva illustrato Brami – aggreghiamo le soluzioni dei più affidabili operatori del settore finanziario e anche quelle di finanza agevolata. Inserendo la sola partita Iva un algoritmo proprietario identifica rapidamente quelle più appropriate: con un clic un’azienda può conoscere la liquidità a cui può accedere e le opzioni eleggibili».
«L’investimento in tecnologie e società digitali ha un ritorno in termini di occupazione, sviluppo e sostenibilità. Le startup sfidano le società più tradizionali, pungolandole verso la trasformazione» aveva rimarcato invece Barberis. Secondo Simone Ombuen, «per una effettiva implementazione delle risorse digitali servono ecostistemi relazionali che non contemplino solo le imprese ma anche le persone e la società. Se si connettono col 5G soggetti che non sono in grado di digitare su una tastiera, le ricadute sono nulle. Non c’è solo il digital divide delle tecnologie – aveva detto –, ma anche il digital divide delle conoscenze, che avrebbe bisogno di essere colmato quanto l’altro».