Considerato una delle principali cause di morte prematura e di malattia e il principale fattore di rischio ambientale per la salute in Europa, l’inquinamento atmosferico è un problema che caratterizza in modo particolare le città italiane. Nel nostro Paese – su cui gravano una condanna (per i livelli di PM10) e due procedure di infrazione per il superamento dei limiti delle concentrazioni del biossido di azoto (NO2) e del PM2,5 – muoiono prematuramente a causa dell’inquinamento circa 60mila persone l’anno, 165 in media ogni giorno.
Tra le zone più colpite ci sono la Valle del Sacco nel Lazio, l’agglomerato di Napoli e Caserta e soprattutto il bacino padano, una delle aree a maggior rischio sanitario d’Europa insieme ad alcune regioni di Polonia e Repubblica Ceca. Questo l’allarmante quadro che emerge dal Position paper ‘La qualità dell’aria’, pubblicato giovedì scorso dal Gruppo di lavoro dell’ASviS sul Goal 11 (Città e comunità sostenibili).
Pur registrando un generale miglioramento rispetto al passato, l’analisi rivela che in buona parte delle città italiane i livelli di inquinanti atmosferici rimangono oltre i limiti consentiti dalla legge. Ad oggi solo quattro delle 17 azioni ‘a carattere operativo e di urgenza’ per affrontare la questione previste dal Protocollo di Torino, sottoscritto tra Ministeri e Regioni nel 2019, risultano implementate. Le maggiori carenze – rivela il rapporto – riguardano l’abbattimento delle emissioni di ammoniaca e i disincentivi ai veicoli più inquinanti e all’uso di biomasse e gasolio per il riscaldamento.
In particolare, nell’area del bacino padano, ad avere un impatto devastante è il concorso di diversi elementi – caldaie domestiche a legna e gasolio, allevamenti intensivi, attività industriali e mobilità – combinati con le caratteristiche geografiche e meteoclimatiche della zona. Per attuare un’inversione di tendenza secondo l’ASviS bisogna, innanzitutto, aumentare la conoscenza e la consapevolezza dei cittadini rispetto all’ampiezza e alla gravità del problema. È, inoltre, necessaria l’adozione di provvedimenti, anche impopolari sul piano politico, come limitare la circolazione dei veicoli più inquinanti (in particolare i diesel), incentivare la copertura e lo stoccaggio dei liquami degli allevamenti zootecnici, e disincentivare i sistemi di riscaldamento domestico più inquinanti.
«Il tema della mobilità è il primo che viene in mente quando si parla di qualità dell’aria ma bisogna lavorare anche su altri settori che concorrono alla formazione dell’inquinamento atmosferico, come per esempio l’agricoltura – spiega Miriam Cominelli, curatrice del documento – servono incentivi in grado di ridurre le attività agricole più impattanti».