Prato – Un guardaroba digitale per ridurre i rifiuti, garantire una nuova vita certificata agli abiti usati e convincere i brand della moda a scommettere con convinzione sul mercato del riuso e sull’economia circolare. Questa è la filosofia alle spalle di Dresso, la startup con sede a Firenze e in via Galcianese negli spazi di Prisma (la Casa delle Tecnologie Emergenti) che ha inventato l’omonima app che consente di vendere e scambiare prodotti all’interno della comunità di utenti registrati.
Si tratta di un vero e proprio social network con 1500 utenti attivi e 3mila download dell’applicazione, dove c’è la certezza di cosa si acquista. «Per la diffusione di un mercato del riuso anche nel mondo della moda ci sono due problematicità – spiega Enrico Pietrelli, ceo e co-fondatore di Dresso -. Il primo è la mancanza di margini di guadagno per i brand derivante dalla rivendita privata di un capo d’abbigliamento inizialmente acquistato in negozio. La seconda è la difficoltà nel garantire l’originalità del vestito, evitando di incappare nell’acquisto di un falso».
Per superare questo stallo Dresso è riuscita ad associare un certificato digitale a ogni capo d’abbigliamento, seguendo vendita dopo vendita, tutta la vita di quel determinato vestito. «In questo modo diamo la garanzia di originalità ai consumatori che si affacciano sul mercato dell’economia digitale prosegue Pietrelli -. Su ogni vendita noi garantiamo un profitto del 5% al brand, che così può guadagnare più e più volte sul medesimo capo venduto inizialmente in negozio».
Secondo la logica messa in campo dalla startup, seguire questa strada nel mercato del riuso consentirà di produrre un minor numero di capi d’abbigliamento, e in prospettiva meno rifiuti. Intorno a Dresso ruotano 12 collaboratori full time e 2 part time. E adesso dalla collaborazione negli spazi di Prisma potrebbero nascere nuove idee per potenziare l’applicazione.
«Lavorando in un network si riescono a ottenere idee che possono migliorare il prodotto – prosegue Pietrelli -. Fra startup ci aiutiamo molto, condividendo con gli altri i propri lavori anche se interveniamo su settori differenti. In via Galcianese ci sono qualità importanti e possibilità di sviluppo». Il target individuato dalla startup è per lo più giovanile.
«I ragazzi non hanno i portafogli dei loro genitori e hanno minori possibilità di spesa, ma hanno pure molto gusto – sottolineano da Dresso -. Vanno sul mercato a cercare pezzi iconici, che durino nel tempo e che possano rivendere quando non ne hanno più bisogno. Inoltre ti puoi permettere capi d’abbigliamento di valore acquistandoli al 30/40% in meno rispetto al nuovo. Senza dimenticare che fra i giovani c’è un concetto di possesso degli oggetti minore rispetto ai loro genitori, e questo non può che favorire il mercato del riuso».
L’applicazione di Dresso si rivolge anche ai brand della moda per una maggiore consapevolezza delle loro collezioni. «Noi vogliamo stimolare una nuova vita dei prodotti ma al contempo sapere anche come si muovono – conclude Pietrelli -. Grazie alla nostra applicazione i brand possono sapere quante volte e a che prezzo viene rivenduto un loro capo d’abbigliamento. Informazioni importantissime per il design delle loro collezioni, perché gli permette di sapere se quel prodotto è sempre di moda e se è il caso di riproporlo in collezione. Di fatto si cambia paradigma: gli acquisti non scaturiscono più da chi vende, bensì dal compratore che vede un oggetto, decide di acquistarlo e chiede sul mercato il miglior prezzo».