La rigenerazione dell’Appennino è un aspetto fondamentale per Bologna, al centro dei nuovi investimenti anche grazie ai fondi internazionali. Lo dimostrano i tre progetti selezionati nell’ambito del ‘PinQua’ (il Programma nazionale della qualità dell’abitare), che saranno di fatto i primi del Pnrr a partire nell’area metropolitana bolognese.
Si tratta di 27 interventi che porteranno sul territorio 45 milioni di euro di investimenti per il recupero di aree dismesse e nuovi alloggi sociali.
«Parliamo di un piano importante per la rigenerazione del territorio – illustra Maurizio Fabbri, consigliere delegato alla Pianificazione territoriale e alle Politiche per l’Appennino – perché, per la prima volta, c’è un progetto finalmente integrato. Sì, è vero, parliamo di tanti singoli interventi, quasi uno per ogni Comune, ma seguono tutti una visione unica e sono collegati al tema delle fragilità. Così siamo in grado di fornire una risposta anche a domande molto diverse tra loro nella rete delle politiche abitative, rigenerando spazi dismessi o degradati e rispondendo a temi sociali, come quello degli alloggi per gli studenti, dei disabili, del ‘Dopo di noi’, delle giovani coppie, del turismo».
Si va da interventi di edilizia sociale nell’Unione Reno Galliera a diversi progetti per quanto riguarda l’unione dei Comune dell’Appennino: dal nuovo Centro studi Alvar Aalto agli orti sociali, da uno skatepark a una velostazione, fino a una passerella pedonale sul fiume Reno e spazi per l’accoglienza turistica sulla Via degli Dei. E non solo.
«È una vera rigenerazione collettiva – aggiunge ancora Fabbri –, a cui si aggiungono altri piani integrati e il bando per i borghi, ad esempio, con parecchie risorse a disposizione». E quando si chiede al consigliere di cosa ancora può aver bisogno l’Appennino bolognese, Fabbri non esita: «Sicuramente c’è bisogno di rigenerare alcune aree per creare servizi. E deve farlo il pubblico, perché da noi il privato, purtroppo, invece poco. c’è bisogno perché purtroppo da noi privato investe poco e quindi deve farlo il pubblico. Il territorio della montagna ha bisogno di connessioni e lavoro: rigenerando i servizi, si aumenta il livello di appeal e si creano anche posti di lavoro».
Non da ultimo, Fabbri ricorda il progetto per il rilancio del Centro ricerche del Brasimone: «Può essere veramente un’occasione gigantesca – chiosa –. Aumentando l’accessibilità e dando valore alla bellezza, si alza il livello. E quello è un luogo florido per le startup, che tra l’altro vede un investimento privato di 50 milioni per la ricerca energetica. Un’opportunità che può dare vita a un volano importante».