Modena – Il Tecnopolo di Mirandola, che quest’anno ha idealmente celebrato i suoi 10 anni, essendo stato pensato nei giorni immediatamente successivi al terremoto dell’Emilia del 2012, ha ormai raggiunto la sua piena maturità. Oggi è una realtà che con i suoi laboratori di ricerca si caratterizza come il “cervello” del distretto biomedicale, cui lega le sue fortune ed il suo radicamento. Ne parliamo con la sua direttrice la dottoressa Barbara Bulgarelli, cui è affidata anche la direzione della Fondazione Democenter, che gestisce il TPM.
Bulgarelli, quale è il bilancio di questa esperienza?
“In realtà TPM nasce nel 2014 e l’inaugurazione avviene l’anno successivo, anche se la scintilla di questo progetto scatta all’indomani del terremoto del 2012. Quell’evento drammatico è stato per noi generativo. L’intero territorio si è unito per reagire al timore di perdere delle eccellenze industriali e impoverire in modo significativo il distretto del biomedicale. La convergenza di energie, principalmente la Regione, ha generato il TPM, che fa parte della Rete Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna, e a distanza di 7 anni stiamo parlando di nuove opportunità e di progetti di sviluppo”.
Quanto è fondamentale il ruolo del Tecnopolo in una realtà come il distretto biomedicale?
“Riteniamo che il TPM, fin dalla sua nascita, abbia rappresentato un valore sia per le imprese sia per il territorio e che giochi il ruolo di generatore di opportunità per sviluppare progetti di ricerca e di innovazione, per promuovere il distretto e le sue eccellenze, per far conoscere un territorio ricco di competenze. Inoltre, credo abbia rappresentato un ingranaggio importante nell’affermazione del distretto. Con il Biomedical Village vorremmo diventare l’entry point del distretto e questo potrebbe sottendere ulteriori opportunità di sviluppo”.
Fornite servizi alle imprese. Quante sono le imprese che si rivolgono a voi?
“In questi anni sono state centinaia le imprese con le quali abbiamo collaborato anche per tutta l’attività sviluppata durante il periodo Covid. E abbiamo un rapporto di fiducia con diverse decine d’imprese sia nel distretto che fuori, così come abbiamo stabilito partnership con altri centri di ricerca e laboratori che fanno parte della Rete Alta Tecnologia della regione”.
Come si caratterizza l’attività formativa?
“Una delle attività del TPM è il trasferimento tecnologico: portare la ricerca verso il mondo delle imprese, valorizzando la conoscenza, per la quale entrano in campo i ricercatori del TPM e i docenti dell’università di Modena e Reggio Emilia. Non possiamo parlare di una vera e propria attività formativa piuttosto di un processo di crescita delle competenze molto tecniche per chi oggi lavora nel settore. Nel distretto da alcuni anni è presente l’ITS Biomedicale che ha sede nell’incubatore TPM CUBE a cui si stanno aggiungendo alcune attività in via di definizione con Unimore. Il settore biomedicale è un settore fortemente innovativo”
Quali scenari immaginate per il futuro?
“Il Covid ha certamente accelerato alcuni processi rispetto ai sistemi di cura del cittadino con azioni finalizzate all’innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale; il rafforzamento della prevenzione e dell’assistenza sul territorio, con l’integrazione tra reti di prossimità e strutture intermedie, anche attraverso lo sviluppo della telemedicina. In tutto questo anche il distretto è coinvolto e la trasformazione digitale sta agendo in modo significativo: oggi si parla di telemedicina, di e-health e questo rappresenta un filone di ricerca e innovazione con significativi impatti sulla cyber-security e sulle piattaforme di dialogo tra i vari soggetti che si occupano di cura. Altro ambito di sviluppo sono le terapie avanzate e la medicina rigenerativa per il biomedicale”.