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Home > Emilia Romagna > Trattori intelligenti: “Ecco la nostra azienda 4.0”

Trattori intelligenti: “Ecco la nostra azienda 4.0”

Intervista a Valeria Villani sulla rivoluzione della società Corsini: "Senza sprechi e rispettando l’ambiente, la produzione è più alta e di qualità"

29 Luglio 2022

Reggio Emilia – Macchine intelligenti, risparmi oculati e soprattutto una grande attenzione all’ambiente: sono questi gli elementi chiave della rivoluzione tecnologica portata avanti dalla società agricola a conduzione familiare Carlini, con sede operativa a Gualiteri (Reggio Emilia). A raccontarci la sua evoluzione è la figlia dei titolari, Valeria Villani, 41 anni. “Sono un perito informatico, laureata in marketing – spiega –. La parte tecnologica è gestita da me e mio fratello Mirco (38 anni, ndr). Seguiamo le colture di cereali quindi mais, soia e grano; abbiamo deciso, anche a fronte delle crisi sopraggiunte negli ultimi anni, di fare il passo e investire nell’innovazione”.

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Villani, quando è iniziata la vostra rivoluzione?

“La conversione tecnologica in azienda 4.0 ha cominciato a prendere piede circa sei anni fa”.

In cosa consiste questa conversione?

“Di fatto abbiamo munito tutti i mezzi di sistemi satellitari, in modo da poter usare tecnologie intelligenti e comandare i trattori a distanza, macchina per macchina, controllando la produttività dei nostri campi”.

Di quanti ettari parliamo?

“Sono in tutto 450 ettari di terreno, ma dalla pezzatura abbastanza piccola. Come estensione attraversiamo orizzontalmente la provincia, dalla zona del Mantovano e Modenese fino al confine con Parma. Perciò abbiamo anche un direct support system che ci fornisce tutte le mappe dei nostri campi, inviandole aggiornate ogni due o tre giorni. Così otteniamo una fotografia costante dello stato della vegetazione e del consumo d’acqua”.

Come fate poi a valutare come gestirli?

“Incrociando tutti i dati possiamo regolare la distribuzione di fertilizzanti, semina e irrigazione: mettiamo le mappe di oggi a confronto con quelle dell’anno prima. I risultati sono due, il primo è senza dubbio economico perché le unità che usiamo sono esattamente quelle che servono, non di più né di meno. Inoltre non disperiamo fertilizzanti nell’ambiente: usando la quantità corretta, la pianta lo ‘mangia’ tutto. Il controllo dell’uso dell’acqua permette poi alle piante di non andare in stress fisico”.

Se ci si aggiunge la siccità…

“Esatto, che dura ormai da questo inverno…riusciamo a non sprecare acqua e non è banale, perché è una risorsa che va razionata assolutamente, e lo sarà sempre di più in futuro. Senza contare che usiamo anche meno carburante”.

Cioè?

“Le macchine sono ‘smart’, ma io dall’ufficio, in ogni momento, posso vedere cosa stanno facendo e nel caso intervenire. Così si ottimizzano anche le manovre nei campi e, di conseguenza, si spreca meno carburante. Io ho tutti i dati dei motori e dei consumi di ciascun mezzo. In più, se consideriamo che sono 450 ettari di campi, la mappatura dall’alto ci mostra tutte le criticità che altrimenti rischieremmo di non notare. Poi è chiaro che serve l’intervento umano per capire quale sia stato il problema, se un infestante o un ristagno d’acqua, ad esempio”.

Quindi non c’è un risparmio sul personale?

“Abbiamo ancora necessità di operatori perché sono un fattore prezioso di controllo. Va detto poi che la rivoluzione, anche per ragioni economiche, non si fa in un paio d’anni. Ci sono nuove macchine sempre più moderne, con livelli di prestazione sempre più alti: l’ultima che abbiamo preso lavora in automatico sulla raccolta, si regola letteralmente da sola, in modo che il prodotto finale sia sempre perfetto. Il risparmio sul personale, di fatto, è però minimo. Hai sempre bisogno di qualcuno che gestisca la macchina, con anche una certa qualifica, per quanto il livello esperienziale oggi possa essere diverso”.

In che senso?

“Quello che intendo è che se una volta l’esperienza si acquisiva dopo tanti anni, ora un ragazzo può riuscire a precorrere i tempi e diventare esperto prima. La tecnologia può ridurre il gap di conoscenza e in un settore in cui si fa fatica a trovare personale, risulta utile”.

Lei crede che la vostra azienda sia attrattiva per i giovani?

“Negli ultimi anni ci sono stati due inserimenti di ragazzi entrambi sotto i 40 anni, uno di loro non ne ha ancora compiuti 30 a dire il vero. I giovani certo hanno più predisposizione verso la tecnologia, ma comunque bisogna imparare a usarla”.

Come impresa 4.0 siete un caso unico?

“In provincia di Reggio sì, un riscontro è arrivato anche su scala nazionale dopo aver ricevuto quest’anno, a Verona, il premio di Bayer e ’Terra e Vita’ come migliore azienda innovativa italiana. Siamo stati tra gli sperimentatori di questo sistema, cerchiamo sempre di rimanere all’avanguardia e sostenibili, sia a livello ambientale che idrico”.

Le problematiche legate al clima non vi preoccupano?

“Purtroppo sì, però sarò sincera, quest’anno con tutti gli accorgimenti e lo studio costante dei prodotti, la nostra produzione è risultata un 2030% in più rispetto alla media provinciale. Chiaro poi che i problemi li abbiamo avuti anche noi: contro una grandinata possiamo fare poco e l’acqua, per quanto razionata, scarseggia lo stesso. Abbiamo però una marginalità più alta e questo ci aiuta a far fronte anche a un calo di produzione che, se generalmente è del 40%, da noi magari si ferma al 20%. È sempre un danno, perché dietro comunque ci stanno degli investimenti; è anche vero che se il fertilizzante costa ormai il doppio, noi siamo in grado di usarne meno. Credo, in definitiva, che quella che abbiamo intrapreso sia oggi l’unica strada per un’agricoltura moderna, sostenibile e competitiva”.

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