327 miliardi di euro. È la cifra a cui corrispondono i pagamenti digitali effettuati in Italia nel 2021, in crescita del 22% rispetto al 2020. I principali protagonisti di questa crescita sono soprattutto i pagamenti tramite carte contactless, che raggiungono i 126,5 miliardi di euro, e quelli effettuati in negozio tramite smartphone e altri oggetti indossabili: oltre 7 miliardi di euro.
«Il 2021 è stato il periodo spartiacque per i pagamenti digitali», sottolinea Ivano Asaro, direttore dell’Osservatorio Innovative payments del Politecnico di Milano, che giovedì ha presentato l’ultimo rapporto annuale. «Durante la pandemia abbiamo imboccato una curva di crescita importante – spiega Asaro –, che può farci colmare il ritardo con altri paesi europei». Nel 2021, la percentuale dei pagamenti elettronici sul totale degli acquisti degli italiani è arrivata a quota 38%, cinque punti percentuali in più rispetto al 2020. Una crescita spinta da misure come il Piano Cashback, cancellato poi definitivamente dal Governo, dalla diffusione dei Pos di ultima generazione e dall’innalzamento del limite per i pagamenti senza Pin da 25 a 50 euro.
A registrare l’aumento più consistente sono i pagamenti da smartphone e da oggetti indossabili («wearable payments»), che superano i 7 miliardi di euro, raddoppiando il loro valore rispetto al 2020 (+106%). Nonostante il boom dell’ultimo anno, però, l’Italia resta ancora agli ultimi posti in Europa per diffusione dei pagamenti digitali. Dei 27 membri Ue, il nostro Paese è al 25esimo posto, davanti a Romania e Bulgaria, per numero di transazioni elettroniche. Una resistenza che è in parte culturale, in parte dovuta alla scarsa conoscenza di questi strumenti.
«Il 76% degli utenti che hanno provato i pagamenti digitali nell’ultimo anno dichiarano che continueranno a utilizzarli – evidenzia Asaro –. La resistenza a questi strumenti, dunque, è anche un fattore psicologico». Tra chi guarda con sospetto ai pagamenti digitali sono due le questioni che emergono con più insistenza: la sicurezza e il costo elevato. Secondo il direttore dell’Osservatorio del Politecnico, però, non sono altro che miti da sfatare. «Fino a qualche anno fa un esercente doveva pagare una percentuale fissa e una variabile per ogni transazione. E questo effettivamente era sconveniente – ammette Asaro –. Negli ultimi anni si è fatto un grande lavoro per togliere tutti questi svantaggi, ma molti commercianti non sanno che i loro contratti oggi hanno condizioni molto più vantaggiose».
In ogni caso, la strada è stata imboccata. E i pagamenti digitali continuano a crescere. Al punto che vale la pena iniziare a chiedersi se riusciranno mai a rimpiazzare del tutto i metodi più tradizionali. «La strada per arrivare allo zero contante è ancora lunga. Ci sarà sempre una parte di popolazione, o una serie di occasioni d’uso, in cui il contante rimarrà la prima opzione disponibile », ragiona Asaro. L’obiettivo di medio termine da tenere d’occhio, però, è un altro: il giorno in cui il totale dei pagamenti elettronici supererà il totale di quelli in contanti. «Nel 2021, il 38% dei consumi in Italia è avvenuto tramite pagamenti elettronici – precisa Asaro –. Se manteniamo queste percentuali di crescita, il superamento dei pagamenti digitali sul contante potrebbe avvenire già nei prossimi tre anni».