Grottammare – Il modello smart city non è ad esclusivo appannaggio di comuni con grandi risorse, ma può essere applicabile anche a quelli più piccoli. Grottammare, ad esempio, conta circa 16mila abitanti, ma ha già attivato pratiche smart. Ne abbiamo parlato proprio con il sindaco Enrico Piergallini.
Sindaco, si fa tanto parlare di smart city, ma quanto effettivamente sono realizzabili, soprattutto per i territori più piccoli?
«Lo sono. Città più grandi italiane, ma anche europee hanno fatto grandi passi in questo senso grazie agli open data. Avere a disposizione dati per tutta la realtà territoriale è indispensabile per fare politica del territorio, per le aziende che vogliono investire, sono determinanti per la realizzazione di una città intelligente. Quello dei comuni più piccoli è un tema che personalmente avevo già posto 8 anni fa. Dato per scontato che città grandi possono fare il salto in avanti, che fine fanno i villages? Esiste una dimensione smart per i borghi? Sì. Come? Non emulando le grandi città e i grandi progetti che hanno più risorse e più dati ma importando sui territori più piccoli pratiche smart».
Ad esempio?
«Se guardiamo ad esempio agli open data, serve un ufficio specifico che un comune come Grottammare non può permettersi ma possono essere utili altri progetti come il smart metering che consiste nel sistemare dispositivi intelligenti, dei sensori, che rilevano dati ad esempio sull’inquinamento atmosferico o sul traffico e trasferiscono dati dentro un sistema che può essere interrogato per politiche ambientali. Abbiamo cominciato così, grazie ad una azienda specializzata, usando i pali dell’illuminazione».
Il passo successivo qual è?
«Sotto le smart city le questioni sono tante, parliamo di un paradigma più ampio, un passo in più su innovazione digitale e tutte le iniziative di finalità ambientale. Guardiamo ad esempio alla carenza del wifi libero nelle nostre piazze, poi al wifi sul lungomare, la nostra comunicazione digitale va rivista ed è ciò che stiamo facendo. Grottammare dispone di un ufficio partecipazione e comunicazione digitale e soprattutto è stata fra le prime città ad aderire all’app Io e ad attivare il PagoPa. Gran parte dei servizi al cittadino è già digitale. Abbiamo una App per il turismo, in questo momento sospesa per rinnovamento, collegarla a un nuovo sistema, per essere non solo informativa. Potrà inviare anche notifiche. Un altro spazio della smart city, poi è la sicurezza, preponderante negli ultimi anni. L’app manda notifiche per allerte e procedure di emergenza, abbiamo aderito all’alert system che con una chiamata a tutti i numeri fissi e cellulari iscritti fornisce info rapide su questioni di emergenza, evacuazione».
Un sistema che si è rilevato fondamentale soprattutto durante l’emergenza covid?
«Assolutamente sì. È così che abbiamo avviato la campagna di vaccinazione. Registravo un messaggio sulla piattaforma e arrivava a tutte le utenze fisse e mobili che hanno dato l’assenso. Ecco cosa significa realmente smart. Oggi una fuga di gas puoi comunicarla immediatamente alla cittadinanza».
Dall’innovazione digitale alla sostenibilità ambientale e transizione ecologica…Come può muoversi un piccolo Comune?
«Abbiamo aderito al covenant of mayors, al patto dei sindaci (iniziativa della Commissione europea lanciata nel 2008 per riunire in una rete permanente le città che intendono avviare un insieme coordinato di iniziative per la lotta ai cambiamenti climatici, ndr), progetto europeo per le piccole città e paesi che aderiscono ad alcuni obiettivi di transizione ecologica, un piano che definisce azioni per la riduzione di emissioni di co2 da qui al 2030. Per arrivare a questo l’unica strada è una soluzione smart, intelligente. Un anno e mezzo fa abbiamo approvato in giunta due progetti, uno per la gestione esterna dell’illuminazione pubblica total led con risparmio ed efficientamento pubblico della città oltre all’ innovazione di tutti gli edifici comunali, nelle scuole una revisione totale dell’impiantistica e impianto di riscaldamento. Altri progetti riguardano il sistema di colonnine elettriche telecontrollate, ne saranno istallate 50».
Grottammare è una città turistica, che dispone di ciclabile su tutto il lungomare. Vi siete mossi anche sul gronte dell’e-bike e dei monopattini?
«Abbiamo assegnato ad una ditta esterna tramite bando dai trenta ai cinquanta monopattini collocati in sei postazioni, dalla stazione al lungomare con sistema free floting. Puoi prendere il monopattino in un luogo della città e lasciarlo dalla parte opposta. Con le bici, invece, tentammo qualche anno fa, ma non funzionarono, probabilmente perché i nostri hotel le forniscono già e il cittadino residente già le ha, non c’era esigenza. Le nostre ciclabili sono comunque piene. Adesso sperimenteremo i monopattini, il primo incarico avrà una durata di due anni».
Dunque quanto è smart Grottammare e come lo sarà?
«Quanto lo è già è difficile dirlo, è sicuramente più smart di 8 anni fa. Non sarà diversa dall’attuale, dobbiamo essere realistici, ma sarà più controllata e con più riferimenti a fonti di energia alternative, potrà raccontarsi attraverso dati accessibili sia per le politiche che per gli investitori esterni, più accessibile». Parliamo di un’accessibilità solo digitale? «Per abbattere le barriere architettoniche, occorrono grandi investimenti, ma l’accessibilità digitale ha già abbattuto molto più barriere, ora chi vuole conoscere Grottammare può farlo anche con limitazioni fisiche».
La Comunità europea parla anche si smart economy…
«Un’economia circolare, non consuma risorse ma rigenera ciò che c’è già, per le piccole città non è accessibile, per noi la sensibilizzazione è confinata ad alcuni settori, abbiamo lavorato con Legambiente con il progetto Ecco (Economie circolari di comunità), attivato lo sportello civico verde, un laboratorio nel quale si aggregano 20 persone e attivano progetti di riuso, recupero e vendita di materiali, ad esempio gli oli esausti raccolti differenziato sul territorio, va al laboratorio e lo trasforma in sapone e poi viene venduto, oppure i tessuti raccolti, vengono presi, lavorati e trasformati in oggettistica di stoffa».
La raccolta dei rifiuti differenziata a che livello è?
«Noi effettuiamo il porta a porta, permette il monitoraggio dei conferimenti con cassonetti intelligenti, letti da operatore che va a scaricare, non legge la quantità ma la tipologia di conferimento in maniera corretta, un algoritmo calcola la tariffa puntuale che deve ancora entrare a regime. Partiremo con tutti gli altri comuni con PicenAmbiente».
Quali gli altri progetti per il futuro?
«Sono due le dimensioni future. Ci piacerebbe predisporre una comunità energetica, il Comune diventa partner con altri soggetti di comunità che prevedono pale eoliche e pannelli fotovoltaici che producono energia e servono ad alimentare i luoghi della comunità ma anche ad erogare energia a basso a costo per i residenti in difficoltà. Ci sono già decine di comunità attive in Italia. C’è già una normativa ed esempi virtuosi, ci lavoreremo. Poi il sogno futuribile è ragionare sulla dimensione del metaverso, grandi città come Shanghai lo hanno già aperto e sarà una realtà con la quale dovremo fare i conti. Magari anche pensando ad un ufficio turistico nel metaverso se prende piede. È la terza evoluzione di internet, prima statico, la seconda mobile, ora metaverso. Un’altra realtà che competerà con quella reale facendo attenzione a non trasformare una utopia in distopia».