Non si fa che parlare di Smart cities, ma le future città intelligenti sono davvero realizzabili? Come devono muoversi gli amministratori per progettarle? San Benedetto del Tronto può diventarlo? Ne abbiamo parlato con il sindaco Antonio Spazzafumo alla sua prima esperienza politica e recentemente eletto primo cittadino.
Una smart city è davvero realizzabile?
«La realizzazione di una smart city richiede tempo e passi graduali. Una città smart è una città interconnessa, che acquisisce dati e scambia dati, è necessario avere big data dove ci sono tutte le informazioni necessarie per poter pianificare servizi per città. Ad esempio dati sulla mobilità sostenibile, le telecamere per la sicurezza devono fornire anche altri tipi di informazioni sul traffico per modificare poi la pianificazione urbana. E’ un processo che, se viene realizzato in maniera giusta, allora può aiutare anche a pianificare un nuovo piano regolatore generale della città».
Quanto è smart San Benedetto?
«Non lo è perché la passata amministrazione non si è mossa in questo senso. Da un lato è uno svantaggio perché dobbiamo partire da zero, dall’altro una opportunità perché possiamo progettare ancora tutto per avere in futuro una città innovativa, tecnologica e green».
Allora da dove si comincia?
«Dalla rigenerazione urbana con i programmi del Pnrr, recuperare edifici in stato di abbandono per riutilizzare spazi già occupati. San Benedetto è stretta e lunga, non ha spazi per ampliarsi, dunque dobbiamo agire sull’esistente. Ad esempio nell’area portuale abbiamo depositi non utilizzati, la sfida è riuscire a dare una caratterizzazione a tutta l’area».
L’occasione arriva con il Pnrr?
«Sì, abbiamo fondi del Pnrr misti a fondi auropei, svariati milioni di euro».
Quando parla di caratterizzazione dell’area portuale, cosa ha in mente?
«La pesca c’è già, ma da qui in avanti dobbiamo concentrarci anche su una direzione turistica e di ricerca, diversi indirizzi, più capacità di attrazione. E poi è fondamentale allineare il porto alla città dal quale è distaccato. Quando penso a una commercializzazione, penso ai collegamenti con la Croazia, possiamo far diventare il porto un punto centrale nell’Adriatco. Poi penso a un hub per altre attività, alla ricerca da implementare in un percorso condiviso con le università e alle attività commerciali che possono far vivere l’area. C’è da recuperare l’area Santarelli che è lì vicino, poi il vecchio stadio F.lli Ballarin che può diventare un parco attrezzato sportivo e inclusivo per i portatori di handicap, polifunzionale. Un punto di ritrovo al centro della città, punto di riferimento anche per eventi».
Quali gli altri progetti per la San Benedetto del futuro?
«L’ex piazza Kolbe, dopo 12 anni, verrà sbloccata, recuperata da privati e ci saranno 4-500 metri quadrati per i vigili urbani, poi piazza San Pio X , con accordo tra privati e pubblico, gli ridaremo un’urbanizzazione, poi gli edifici scolastici che con i fondi del Pnrr potremo efficientare da un punto di vista energetico».
Quando si parla di smart cities si parla anche di trasparenza, partecipazione e accessibilità.
«La macchina amministrativa deve essere riequilibrata, i servizi comunali devono diventare accessibili, semplificati, i nostri sono parzialmente digitalizzati, ci sono ma i settori non sono interconnessi fra di loro, la sfida è arrivare a questo interconnettere settori fra di loro, da urbanistica a commerciale. Così elimineremo anche le file agli sportelli oltre che rendere più efficienti i servizi al cittadino. Dobbiamo implementare il portale turismo, allargare le zone coperte da wi-fi, avere il wi-fi a portata di tutti come nelle migliori città europee. Dobbiamo avere una città a portata di smartphone».
San Benedetto è una città piccola ma ha una vocazione turistica e un lungomare lungo con una mobilità difficile tra parcheggi che non si trovano e solo due strade che attraversano la città con evidenti code e traffico in tilt soprattutto quando le cose non funzionano sull’A14.
«Dobbiamo ragionare su una mobilità diversa, le colonnine elettriche ci sono ma con Enelx stiamo ragionando su punti di ricarica immediata e non di lunga attesa in determinati punti della città. Valuteremo i dati sulle auto elettriche e sulle proiezioni. Poi abbiamo già fatto richiesta di interesse per il car sharing elettrico a società che vogliono partecipare, stessa cosa per bici elettriche e monopattini. Nel momento in cui avremo i dati sul traffico ragioneremo su parcheggi scambiatori per creare una viabilità con poche auto e più zone pedonali in centro e sul lungomare».
Ha parlato di città green, cosa si farà?
«Sistemeremo le aree verdi che abbiamo, ce ne sono anche non accessibili e dobbiamo renderle fruibili a tutti, creare nuove zone, abbellire e piantumare altre essenze, c’è davvero tanto ancora da fare e dove senz’altro interverremo».
Dunque come sarà la San Benedetto del futuro?
«Spero ci sia tanta tecnologica, che le persone non debbano aspettare servizi, che sia una città efficiente con una qualità della vita alta e i giovani tornino a lavorare qui, con i progetti in cantiere contiamo anche di creare lavoro. Ma tutto ciò che stiamo dicendo non ha valenza, non sarà realizzabile se non si ragiona come territorio, come Piceno, serve l’impegno di tutto l’hinterland. Serve una rete che permetta al territorio di essere protagonista e dobbiamo attrarre investimenti esteri. Con servizi di interscambio, treni e quant’altro, negli anni 80 c’erano. Dobbiamo creare una comunicazione su Roma piuttosto che da Ancona».