Borgo Baceo (La Spezia) – Sette in presenza attorno al tavolo, dodici collegati via Internet su una piattaforma dedicata con possibilità di interagire, un numero imprecisato di semplici spettatori su Facebook. Così lo svolgimento in tre sedute (27 gennaio, 10 e 24 febbraio) della cosiddetta «Inchiesta pubblica» sulla variante al Piano urbanistico comunale per la «rigenerazione» dell’area dell’ex colonia agricola di Borgo Baceo nel quartiere del Canaletto il cui progetto iniziale proposto dal privato – abbattimento degli edifici storici per fare posto a tre nuovi palazzi (due di otto piani e uno di quattro) – era finito sotto il tiro incrociato degli ambientalisti.
Un passaggio storico nell’era della «città smart» declinata alla partecipazione popolare (de visu o in via digitale), ai percorsi amministrativi. Si è infatti trattato della prima «Inchiesta pubblica» svolta nel comune della Spezia a seguito della decisione madre, sotto il pressing ecologista, di assoggettare a Valutazione ambientale strategica la variante al Puc. Non era obbligatorio per l’amministrazione promuovere il percorso ricognitivo-propositivo previsto dalla legge regionale 32 del 2012. Ma è successo.
Quale sarà l’esito reale? Si saprà il 2 maggio quando la dirigente dei Servizi Urbanistica e Ambiente del Comune, la dottoressa Laura Niggi, proponente dell’Inchiesta pubblica, esporrà alla giunta guidata dal sindaco Pierluigi Peracchini le sue valutazioni sull’insieme degli scenari emersi dalla «condivisione» delle idee portatrici di rilievi e progettualità dal basso. Non entriamo nel merito degli scenari.
Qui interessa capire come sia andata sul piano del metodo. Agli atti ci sono le valutazioni del presidente, l’ingegner Gianni Benvenuto, funzionario della Provincia, scelto dall’architetto Niggi per la sua esperienza in campo ambientale e urbanistico e perché estraneo al procedimento amministrativo (nell’ente di appartenenza lo ha trattato un collega). Ha lavorato senza compenso per due mesi, dalle 21 alle 24 di ogni giorno, week end esclusi. E’ un po’ stanco ma felice per la prestazione professionale che segna una svolta in città. Ripercorriamo le sue valutazioni messe già nero su bianco nella relazione scritta dopo i lavori.
«Ho apprezzato due elementi: la partecipazione del Pubblico (la P maiuscola è quella impressa negli atti da lui redatti) e il lavoro del Comitato di inchiesta». Questo è nato su base volontaria tra i partecipanti ai lavori, nella prima seduta per supportare il presidente. Lo costituivano l’architetto Chiara Bramanti, il biologo Fabio Giacomazzi, la dottoressa Cristina Mirabello e il dottor Giovanni Gabriele.
Pochi i partecipanti, però…
«Una partecipazione significativa e questo già di per sé è un elemento positivo in assoluto».
L’operato del Comitato?
«Ha lavorato intensamente, in armonia e con spirito costruttivo, al di là delle posizioni di ognuno dei quattro componenti».
E’ scaturito un rapporto. Che dire di questo?
«Dalla lettura ho colto una dualità di approccio che è anche il segreto di un risultato che ritengo ragguardevole».
Cioè?
«Da un lato il rapporto risulta ispirato, emotivo e dichiarato; dall’altro analitico, strutturato e motivato. In buona sostanza un contributo di idee che non si abbandona all’ideologia, ma ricerca la via della disciplina e della motivazione al fine di usare il linguaggio e il metodo dell’Amministrazione Pubblica, anziché la più facile via della protesta preconcetta, lasciato ad altre sedi».
Inchiesta pubblica meglio delle manifestazioni in piazza?
«Un valore aggiunto nella genesi dei provvedimenti; perché se è vero che le idee possono sempre viaggiare in autonomia e libertà per gli ambiti che sono ad esse usuali (ma in questo modo talvolta non raggiungono le orecchie di chi deve ascoltarle), è altrettanto vero che in questo caso le idee sono state convogliate dal Comitato in un ambito procedimentalizzato ma allo stesso tempo “vivo”».
Bisognerà vedere come andrà a finire…
«Piccolo o grande che sia, il contributo raggiungera a breve almeno l’obiettivo di essersi formato all’interno del processo amministrativo e non come una eco esterna. L’Inchiesta Pubblica, è bene puntualizzare, non è sinonimo di sovvertimento delle competenze e responsabilità…. ».
Cioè?
«L’Amministrazione non ha infatti obbligo alcuno di “adeguarsi” agli esiti dell’Inchiesta stessa come tradotti dal Rapporto finale del Comitato; ma tramite la documentazione dell’ Inchiesta arricchisce il proprio bagaglio di conoscenze sul tema e raccoglie contributi che si formano insieme tra loro e si influenzano reciprocamente (quasi un parallelo della conferenza dei servizi) e costituiscono un portato di idee, filtrato ed organizzato, che offre una importante occasione di riflessione e valutazione».
Dove sta il buono se comunque il potere resta al palazzo?
«Il processo renderà l’ Amministrazione ancor più in grado di convincersi circa le proprie scelte oppure almeno di porsi in condizioni di decidere motivatamente avendo senz’altro analizzato tutti gli aspetti del tema».
Bilancio positivo, dunque?
«Questa prima esperienza cittadina della inchiesta pubblica, a mio avviso, è stata positiva anche se senza dubbio migliorabile; ma credo abbia rappresentato un buon contributo nell’avvicinare il Pubblico alle procedure amministrative, non in modo caotico e conflittuale, ma organizzato e funzionale all’obiettivo».
E ora?
«Al responsabile del procedimento compete la possibilità di valorizzare il lavoro dell’Inchiesta Pubblica, possibilmente mediante un approccio sostanziale e non formale, con l’onere della valutazione delle idee; gli esiti delle consultazioni gli potranno essere utili, restando sempre e comunque libero nella scelta delle proposte che vorrà formulare all’Amministrazione, chiamata alla decisione finale».
«Sì, idee emerse ma senza confronto con l’istituzione»
«L’Inchiesta pubblica si è rivelata molto efficace nel far emergere opinioni, dati e proposte da parte di cittadinanza e associazioni. Invece ha un po’ deluso come modalità di confronto con l’amministrazione, non prevedendo momenti dialettici per aver risposte immediate» dice il biologo Fabio Giacomazzi, animatore della mobilitazione per la salvaguardia dei valori identitari di borgo Baceo, «L’efficacia dello strumento la si valuterà solo nel momento in cui il RUP della VAS produrrà il documento che dovrebbe tenere conto di quanto emerso nell’inchiesta, passando poi la palla all’Amministrazione che dovrà quindi decidere in merito».