Il 75 per cento della popolazione europea vive attualmente nelle città, lo dicono gli ultimi dati Eurostat. E il numero è destinato a crescere anche a livello mondiale. Stando infatti ai rapporti delle Nazioni Unite, entro il 2050 il 70 percento della popolazione globale vivrà in città. Luoghi più tecnologici, ma anche più sostenibili e capaci di una gestione efficiente delle risorse.
«La partita si gioca soprattutto nelle città, anche in termini di risposta della società civile e alle grandi sfide che abbiamo davanti», spiega Enrico Giovannini, economista ed ex ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili.
A suo avviso smart è sinonimo di intelligente?
«Certamente. Le smart cities sono una grande opportunità. Luoghi evoluti non solo tecnologicamente, ma anche socialmente, all’interno dei quali si può risolvere in modo innovativo un’ampia serie di problemi. Un laboratorio per il futuro, insomma, anche grazie alla presenza delle università e di centri di ricerca».
Cosa ci regalano le smart city in ambito strettamente quotidiano?
«Moltissimi vantaggi. Intanto offrono un facile accesso ai servizi. Per esempio in termini di mobilità. Grazie alle app si può infatti avere una mappa sempre attiva del traffico, ma anche dei servizi di trasporto pubblico o affidarsi in tempo reale ad altri strumenti, come i monopattini e il car sharing. Il che significa meno mezzi privati, molto più inquinanti. Non a caso, la diffusione del modello ’Mobilty as a Service’ è uno dei progetti del Pnrr. E poi pensiamo a settori chiave come la logistica: grazie all’e-commerce, molti mezzi come i furgoni, spesso ’carichi d’aria’, possono essere utilizzati in modo più efficiente. In questo modo i pendolari possono spostarsi con più facilità, riducendo i tempi del pendolarismo, il peggior momento della giornata secondo molti sudi sul benessere e la felicità delle persone».
Un bel vantaggio.
«Tutto ciò aiuta anche a conseguire un obiettivo molto importante: la decarbonizzazione dei trasporti e delle città. Il ministero che ho guidato fino a qualche settimana fa ha prodotto diversi rapporti su questi temi, che hanno guidato la politica del Governo Draghi sulla mobilità sostenibile. E la componente ’smartness’ è fondamentale».
Contesto digitale e umano possono interagire in modo fecondo?
«Assolutamente sì. Intanto perché, come detto, la tecnologia può trasformare davvero il sistema dei trasporti in un servizio efficiente a disposizione del cittadino. Ma penso anche alle comunità energetiche che la tecnologia riesce a creare, distribuendo energia attraverso le reti intelligenti. È il caso, per esempio, dei contratti condominiali, che potranno ridurre il prezzo delle bollette individuali. E lo stesso si può applicare a spazi più ampi come un quartiere. Prendiamo i nostri porti, spesso collocati all’interno delle città: grazie al cambiamento normativo che abbiamo realizzato quest’anno potranno produrre energia rinnovabile, ad esempio con pale eoliche e cedere alla città la parte eccedente i loro bisogni».
Quale impatto avranno le smart city da un punto di vista strettamente economico?
«Intanto le smart city sono luoghi di innovazione. E non solo digitale ma anche sociale. Le comunità, infatti, possono funzionare meglio usando l’informazione che viene dal basso attraverso strumenti digitali e risolvere i diversi problemi. Penso, per esempio, alle perdite d’acqua, che possono essere affrontate grazie alla presenza di appositi sensori ma anche perché c’è maggior consapevolezza da parte della popolazione di un determinato problema. In alcune città come Boston, per esempio, si è provato a risolvere una piaga pesante come quella dei ratti usando le informazioni fornite dai cittadini».
Alcuni esperti sostengono che le città smart rischiano di esasperare il divario tra ricchi e poveri. È uno scenario secondo lei possibile?
«Lo è, ed è per questo che occorre la visione integrata che le dicevo. Il che ha a che vedere con il concetto di comunità, da adottare in tutte le dimensioni. Per questo occorre fare in modo che tecnologia e digitalizzazione non siano strumenti solo a vantaggio dei ricchi, ma abilitino la partecipazione di tutti alla fruizione dei nuovi servizi e alla soluzione dei problemi»