Pisa – Di smart cities se ne parla dal 2013. Dotare di intelligenza una città, sembra utopistico come la città ideale di Platone. Domenico Laforenza, ricercatore emerito del Cnr e già presidente del Cnr di Pisa, è convinto che la smart city ci sia, e sia una margherita e non una chimera.
Ci può spiegare la sua metafora?
«Una smart city è fatta di petali: ogni petalo è composto da tecnologia utile al cittadino. C’è il petalo della mobilità, c’è il petalo della raccolta dei rifiuti, c’è quello della sicurezza, del rispetto dell’ambiente, dei servizi al cittadino ed al turista e così via. Tutti questi petali tecnologici – e per tecnologia si può intendere ad esempio la sensoristica – devono avere però una corolla, un momento di insieme organico e centralizzato».
E questa corolla chi dovrebbe essere?
«Chi gestisce a vari livelli la città. Chi ne tiene il controllo, chi ne indica una direzione e quindi gli amministratori pubblici o chi per loro come ad esempio le aziende dei servizi. Tutto però deve collimare in un insieme unico in un qualcosa che monitori il «metabolismo urbano».
Che cosa è il metabolismo urbano?
«E’ come quello nostro, umano. La smart city tiene sotto controllo, sa e migliora se stessa, se sa quanto consuma, quanto può ridurre il suo consumo, quanto può migliorare le performance a favore del cittadino ».
La tecnologia la fa da padrona dunque.
«Guardate che di tecnologia ce n’è tanta, tantissima, fin troppa. La tecnologia costa, la tecnologia va mantenuta, va aggiornata. Facciamo i semafori intelligenti? Bene questi costano e vanno mantenuti e si deve investire per fare ciò. Ho incontrato tantissimi sindaci e sono tutti entusiasti di rendere la loro città smart. Poi però bisogna fare i conti coi bilanci».
Come se ne esce dunque? Tra il dire ed il fare ci sono di mezzo tanti investimenti.
«Tra il dire ed il fare c’è di mezzo il Pnrr. Nel mare magnum di questo serbatoio di finanziamenti, gli amministratori ed anche i centri di ricerca pubblica e privata devono essere bravi a captare quanto di meglio e di più utile ci sia per migliorare la qualità di vita del cittadino che è poi alla fine la direzione a cui punta la smart city».
Dove, in quali tecnologie investire?
«Non vi è alcun dubbio che si debba investire nel risparmio energetico, nelle energie alternative e nella gestione consapevole dei rifiuti. La guerra in Ucraina ci ha messo di fronte ad una vera e propria emergenza energetica. Non possiamo più permetterci di consumare di tutto e di più. Non possiamo più permetterci di tenere tutto acceso. Stiamo inoltre sbattendo di fronte ad una crisi climatica ed energetica planetaria. Il 51% della popolazione mondiale vive in ambienti urbani. Bisogna partire dalle città. Abbiamo la tecnologia ad esempio che «riconosce» i nostri rifiuti domestici con contenitori dotati di «tag», «Qr» che riconoscono il rifiuto e la quantità. Dobbiamo rendere le nostre città sostenibili e smart, se sono smart sono anche sostenibili».
Il Comune di Pisa con l’Università, sta piantando siepi a Cisanello, siepi dotate di sensori che monitorano la quantità di co2 assorbita.
«Ecco questo è un esempio calzante di un tassello importante di smart city».
Quali sono le città smart in Italia?
«Il podio se lo giocano di anno in anno Milano, Firenze, Bologna. Dispiace vedere che il sud arranca. In una recente statistica, Cagliari è l’unica città de Sud a posizionarsi nella top ten».