Siena – Lavoro agile e dipendenti pubblici. In attesa che la nebbia delle nuove regole in discussione in queste ore e contenute nel Dl aiuti bis si diradi, cosa rimane alle spalle dopo due anni di smart working della pubblica amministrazione? Quali sono stati gli effetti? Come lavoro e dipendenti pubblici della provincia di Siena, hanno cambiato pelle?
Sono le domande a cui l’unione di forze tra Provincia di Siena, la Consigliera di Parit, il Dipartimento di Economia Politica e Statistica dell’Università degli Studi di Siena e il Soroptimist International Club Siena hanno provato a rispondere con un rapporto che fotografa lo stato dell’arte. Il rapporto è stato realizzato con un questionario a 2.147 dipendenti pubblici del nostro territorio sull’effettivo impatto dello smart working sul loro lavoro con questionari inviati fra marzo 2020 e marzo 2021.
Ecco i risultati della ricerca ’Lavoro agile nella pubblica amministrazione’. Durante la pandemia ha svolto lavoro agile il 79% dei dipendenti pubblici mentre del 21% che non lo ha effettuato il 69% non lo ha fatto perché svolge un lavoro indifferibile, il 31% per scelta. Il 69% ha valutato l’esperienza dello smart working positivamente, essendo riuscito a conciliare discretamente le esigenze di lavoro e cura domestica e familiare (per il 43%), avendo trovato una ottima integrazione tra queste due esigenze (per il 26%).
Solamente il 7% ne dà un giudizio negativo o molto negativo. Il 56% vorrebbe prolungare l’esperienza del lavoro agile mentre il 28% probabilmente no. Per il 16% è un’esperienza da non ripetere. Secondo quanto emerso, sia gli uomini che le donne intendono prolungare l’esperienza di lavoro agile, ma soprattutto gli uomini. La media delle donne che non sono interessate a proseguire è del 30% mentre gli uomini il 24%. Soprattutto le donne sono decise a non richiedere un prolungamento dell’esperienza, con un secco “no decisamente” che riguarda il 15% a fronte del 7% dei loro colleghi.
Interessante è la motivazione per chi vuole proseguire: per il 38% la richiesta è motivata dalla riduzione di tempi e costi di spostamento, a seguire con il 31% la flessibilità di orario e l’autonomia organizzativa. La maggioranza del campione con il 29% ritiene auspicabile una maggiore integrazione tra lavoro in presenza e da remoto. Subito dopo, con il 24%, troviamo coloro che chiedono una maggiore definizione tra il tempo destinato al lavoro e quello per le attività familiari.
La presenza di figli può avere avuto ricadute sul lavoro agile. Oltre il 73% del campione ha figli e di questo il 45% ha figli in età scolare, pertanto, molti di essi erano presenti durante lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile, “pesando” molto di più sulle donne che sugli uomini. Sebbene il lavoro agile di entrambi i partner abbia favorito, la condivisione del lavoro di cura (il 28% si è impegnato di più o molto di più), c’è ancora uno “sbilanciamento di pesi” su cui occorre lavorare molto.
Dall’indagine che prima del ricorso allo smart working, il 63% utilizzava un mezzo a motore privato per gli spostamenti casa – lavoro: automobile 60% e motorino 3%. Dopo l’automobile, sia pure a notevole distanza, troviamo la risposta “a piedi” con il 13%, mentre il trasporto pubblico locale è stato usato dal 7% in via esclusiva. Decisamente residuale l’uso della bicicletta, con un risicato 1,9%. Le differenze di genere sono quasi ininfluenti: gli uomini sono più “ciclisti” e le donne più “podiste”.
La relazione con il dirigente non sembra condizionata: circa l’81% del campione reputa che il “rapporto con il capo non sia cambiato”. Troviamo comunque un 13% che invece pensa che tale rapporto sia peggiorato, mentre solo il 6% ritiene che sia migliorato. La relazione con i colleghi è quella che più è stata influenzata dal passaggio al lavoro agile. Se il 50% ritiene che non sia modificata, il 43% trova, invece, che sia peggiorata, a dimostrazione di come le relazioni fisiche siano un elemento importante anche dal punto di vista del benessere organizzativo.
Ma le differenze di genere restano
L’incrocio col genere racconta che le interferenze pesano più per le donne. Oltre 1/3 delle donne ritiene che i carichi familiari interferiscano abbastanza o molto, riconfermando che la conciliazione tra attività lavorativa e lavoro di cura, è ancora un ’affare di donne’ e che la condivisione tra i partner è limitata. Alla domanda se il lavoro agile ha aumentato il tempo dedicato al lavoro domestico l’analisi per genere delle risposte rende evidente come la componente maschile e femminile si attestino su due posizioni diverse: la maggior parte delle donne risponde poco e per nulla (60%), gli uomini rispondono, in prevalenza, ’abbastanza’.