Ravenna – In passato alcuni interventi come scogliere parallele emerse, scogliere soffolte (spesso diventate nel tempo emerse), scogliere radenti, pennelli in roccia o in pali di legno, «hanno fermato l’avanzata del mare, non senza conseguenze, assicura Claudio Miccoli.
«Hanno determinato infatti – sottolinea Miccoli – un impatto paesaggistico-ambientale che ha messo a rischio lo sviluppo dell’industria turistico-balneare e trasmesso l’erosione nei paraggi posti a valle del long shore, una sorta di perfido effetto domino di cui sembrava non vedersi la fine».
Per ridurre gli impatti legati a questo tipo di opere di difesa la Regione ha avviato, a partire dai primi anni ottanta, una nuova strategia di salvaguardia della costa basata sull’impiego del ripascimento artificiale come sistema di difesa dei litorali dall’ingressione marina e dall’erosione. Nel 2002 vennero approvate, prima regione in Italia, le linee guida del G.I.Z.C. (Gestione Integrata Zone Costiere).
Dal 1983 al 2022 sono stati apportati e spostati complessivamente quasi 15 milioni di mc di materiale sabbioso di varia provenienza sul litorale emiliano-romagnolo. La Regione è l’unica in Italia ad avere fatto 4 interventi generali di ripascimento costiero (Progettone) nel 2002-2007-2016-2022 utilizzando sabbie ‘fossili’ legate a depositi di circa 10.000 anni fa posti a circa 50 km al largo in 42 metri di fondale, un reale apporto esterno al sistema costiero che vale 4,24,5 milioni di mc di sabbia .
«I nuovi scenari tecnici – conclude Miccoli – debbono forzatamente rivolgersi verso tecnologie di qualificazione ambientale che producano biodiversità e che abbiano anche effetti di difesa, ma non di annullamento dell’energia trasmessa dalle onde, ma bensì di ‘mitigazione’ della stessa in modo da sfruttare anche l’utilità dell’energia residua per la circolazione delle acque (ossigenazione) e ridurre il tema della morfologia di spiaggia a livello di ‘manutenzione’, che per la regione sono al massimo 20 mcml di costa, un costo più che sostenibile per il mantenimento dell’equilibrio e quindi dell’utilizzo del demanio».