Ravenna – Consegnare un mare sano e una costa fruibile alle future generazioni. «È un obiettivo strategico – commenta Claudio Miccoli, geologo, ex dirigente regionale – fissato anche dalle regole della transizione ecologica dettate dal Governo, da raggiungere attraverso lo studio e il monitoraggio dello stato di salute delle coste, ricavando informazioni utili per la necessaria azione di programmazione e pianificazione».
Le attività antropiche lungo le coste, tra cui l’alterazione dei bacini fluviali e del paesaggio, l’estrazione di acqua e idrocarburi dal sottosuolo, la realizzazione di opere che hanno trasmesso erosione (e alterato la qualità delle acque marine), «hanno infatti accelerato i processi di erosione costiera. I cambiamenti climatici, causa anche dell’aumento del livello medio del mare e di mareggiate sempre più intense e distruttive, accelerano il progressivo arretramento delle coste ed intensificano gli eventi di allagamento, esponendo a rischio territori prima scevri da simili rischi» aggiunge Miccoli.
Reagire alle mutazioni del territorio e delle coste dovute ai cambiamenti climatici, è una tra le tante sfide del prossimo futuro. «Ciò sarà possibile mediante le conoscenze integrate di esperti ingegneri, oceanografi, geologi, modellisti informatici, sociologi, economisti e molte altre professionalità. È necessaria l’acquisizione di dati ambientali frequenti ed estesi sul territorio ed in mare per validare le previsioni delle trasformazioni in atto, impegnarsi a concepire soluzioni a basso impatto per mitigare la vulnerabilità delle nostre coste».
Queste soluzioni a basso impatto dovranno peraltro coniugare altri valori aggiunti quali: la salvaguardia della sky line del mare, elemento fondamentale per la tutela del paesaggio; la salvaguardia della qualità delle acque tramite il mantenimento della circolazione e del ricambio idrico; la creazione di biodiversità nei tratti di mare interessati dagli interventi; la creazione di zone di nursery per specie ittiche esistenti e di nuovo insediamento.
«Monitorare le spiagge – aggiunge, infatti, Miccoli – è un’attività strategica e funzionale nella pianificazione e gestione della costa, per comprendere l’evoluzione costiera a breve e a medio-lungo termine, per condurre analisi sulle dinamiche costiere e valutare l’efficienza delle strategie messe in pratica e da adottare in futuro non per la salvaguardia della spiaggia stessa , ma anche per le inevitabili ricadute sul settore turistico, agricolo e sociale».
Con i presupposti legati alle attuali modificazioni climatiche, il rischio conseguente è l’aumento delle aree costiere interessate da imponenti processi erosivi, «il che rende impossibile reperire le risorse necessarie per mettere in sicurezza l’intero territorio». Occorre, quindi, uno strumento oggettivo per stabilire le priorità verso cui indirizzare le risorse disponibili «e in quest’ottica la valutazione del rischio diventa di fondamentale soccorso a tale esigenza». L’erosione della costa emiliano-romagnola ha avuto inizio nei primi decenni del Novecento, ma è nella seconda parte di questo periodo che si è intensificata fino ad arrivare ad interessare, nel momento più critico, 105 km di litorale emiliano-romagnolo su un totale di 130 km.