Modena – Le macchine non devono sostituire l’uomo in sanità e l’intelligenza artificiale dovrebbe contribuire a dare senso alle decisioni e coadiuvare l’attività dei clinici in modo attivo e quotidiano.
Però “se oggi potessimo sfruttare l’intelligenza artificiale per predire quella che fra dieci o anche solo cinque anni diventerà un’urgenza in una particolare area con una certa patologia, allora potremmo pianificare i percorsi e gli strumenti migliori per porre rimedio a questa malattia, a supporto del servizio sanitario, e beneficio del cittadino e di tutta la società”.
Questo è il senso della “smart city” per Gabriele Guidi, direttore del servizio di Fisica sanitaria dell’Azienda ospedialiero-universitaria di Modena, una delle prime aziende in Italia a dedicare ingenti risorse nell’analisi predittiva e nella computer science, per migliorare le prestazioni sanitarie, dare un valore alle cure e ottimizzarne i costi.
Perché non dobbiamo temere l’utilizzo delle macchine intelligenti in sanità?
“Perché la macchina non ha un fine autonomo sul paziente, il nostro obiettivo è quello di coadiuvare l’attività dei medici, non di sostituirli; offriamo loro strumenti in più, che gli consentendo di dedicare ancora più tempo alla cura dei pazienti e alle persone”.
Ci può fare un esempio di utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale?
“Per la Neurologia abbiamo sviluppato algoritmi di deep learning per la contornazione dell’ippocampo: siamo andati a verificare se in soggetti che potrebbero sviluppare malattie degenerative, come per esempio l’alzheimer, potessero esserci delle micro variazioni che l’occhio umano non riesce a percepire. Abbiamo quindi utilizzato questi sistemi intelligenti che si basano sulla contornazione delle immagini e l’acquisizione delle informazioni nascoste nelle immagini stesse per coadiuvare l’attività del medico e i migliorare i processi diagnostici”.
È evidentemente un valore aggiunto per la sanità.
“Guardi le faccio un altro esempio. Stiamo utilizzando sistemi di computer science basati su sistemi ‘High performance computing’ che consentono di ottimizzare il lavoro dei fisici sanitari nei processi radioterapici per la pianificazione avanzata. Saremo in grado di produrre, di notte o comunque in poche ore, centinaia di piani di trattamento per lo stesso paziente; in questo modo la mattina o quasi ‘real-time’ il medico radioterapista potrà selezionare il più appropriato piano di trattamento sulla base di una serie di parametri specifici di cui necessita il paziente per la sua terapia. Riusciremo quindi a fornire ai clinici una schiera di armi predittive che possono essere utilizzate per esempio per curare tumori o per diagnosticare precocemente alcune patologie”.
Per un approccio di questo tipo servono anche ingenti risorse.
“Al Policlinico di Modena sono stati fatti investimenti su strumentazioni all’avanguardia. Oggi possiamo già beneficiare di risultati che sono frutto di una grande visione sul futuro avuta diversi anni fa, in modo multidisciplinare, dai tanti professionisti dell’azienda. Del resto quando tutto cambia velocemente, chi riesce a investire in modo appropriato potrebbe contribuire al benessere della collettività. Dobbiamo proseguire su questa strada con la consapevolezza che i ‘big data’ se usati in modo corretto possono contribuire alla conoscenza approfondita delle patologie, al miglioramento della salute della popolazione, e dovrebbero essere usati per coadiuvare l’attività dei professionisti e migliorare il benessere dei cittadini, non per altri fini”.