Magenta (Città Metropolitana di Milano) – L’ecosostenibilità dello sviluppo urbano, che è una delle più importati strategie nell’ottica smart city, si consegue con la tutela e il mantenimento di un habitat naturale. Quello che da decenni, prima ancora che il mondo iniziasse a pensare smart, le popolazioni del Ticino stanno facendo. Risale difatti al 1974 la legge della Regione Lombardia che ha istituito il Parco Lombardo della Valle del Ticino.
«In quel periodo – si legge in una pubblicazione del Parco – all’orizzonte del “fiume azzurro” si delineava un futuro assai fosco, fatto di abusivismo edilizio e trasformazioni radicali del patrimonio naturale. Un movimento d’opinione scese in campo contro la minaccia di cambiamenti irreversibili del territorio, provocati dal degrado progressivo della qualità delle acque del Ticino e dalla cementificazione dei suoli».
E anche dalle continue escavazioni di ghiaia dal greto del fiume. Quello del Ticino è stato il primo parco regionale italiano. Riuniva in un consorzio 3 Province (Milano, Varese e Pavia) e 46 Comuni rivieraschi (ai quali nel 2002 si è aggiunto Buscate), coprendo complessivamente una superficie di circa 92.200 ettari. Il Parco del Ticino attua una forma di protezione territoriale molto diversa da quella dei parchi nazionali storici sino ad allora istituiti in Italia (Abruzzo, Gran Paradiso, Stelvio, Circeo, Calabria).
Nel caso del Ticino, l’obiettivo non era dar vita a un santuario ambientale mirato esclusivamente alla conservazione, ma creare una realtà più dinamica e flessibile, a stretto contatto con le realtà sociali locali. Non era pensabile trasformare l’area del Ticino in un’isola di protezione a sé stante: troppe le attività umane presenti sul territorio, e troppo fitto il loro intreccio.
Per questo motivo si optò per un sistema di “protezione attiva” divisa per zone: per ogni tipologia di area fu prevista una normativa appropriata. Così è ancora oggi: nelle aree naturali (il corso del Ticino e la sua Valle) è attuato il grado massimo di protezione, nelle aree agricole e forestali sono consentite le coltivazioni già presenti prima dell’istituzione del Parco, e nei centri abitati sono esercitati controlli sui piani regolatori e sugli strumenti di espansione comunale.
Posto all’interno del triangolo industriale più sviluppato d’Italia, il territorio del Parco ospita un aeroporto intercontinentale, una centrale termoelettrica, numerose autostrade, linee ferroviarie e una miriade di strade statali e locali. Il Parco si è trovato, quindi, stretto fra le esigenze dello sviluppo sociale e quelle della protezione ambientale, in un costante rapporto dialettico, che spesso è divenuto confronto serrato con gli Enti che gestiscono la pianificazione territoriale. La Valle del Ticino dal 2002 fa parte della rete mondiale delle riserve della biosfera, designate dall’Unesco attraverso il programma MAB (Man and Biosphere).
Un corridoio per l’Europa
Uno dei fondamenti della strategia europea per la conservazione della natura è la rete ecologica, che sta trovando concrete realizzazioni nel Parco del Ticino. Gli ecosistemi che punteggiano l’area protetta, unici nel quadro di generale impoverimento che offre oggi la Pianura Padana, non sono solo serbatoi di vita, ma anche corridoi e aree di sosta per facilitare la dispersione e la migrazione delle specie.
Il Parco del Ticino è un corridoio ecologico di importanza europea, che permette di connettere gli Appennini e il bacino del Mediterraneo a sud con le Alpi e i Paesi del centro-nord Europa a nord. Non solo gli uccelli, ma anche i mammiferi e persino alcune farfalle percorrono regolarmente questo corridoio, grazie al fatto che in esso sono stati preservati gli ambienti naturali che sono scomparsi in gran parte della pianura padana. L’area protetta è inoltre una delle più importanti zone umide interne italiane per lo svernamento di molte specie di avifauna acquatica, quali garzetta (44% della popolazione svernante in Lombardia), airone bianco maggiore (37%), alzavola (42%), germano reale (30%) e fischione (22%).