Il ’reset’ della pandemia è servito a imprimere una sorta di accelerezione per quanto concerne i processi di digitalizzazione in Italia. Ne è convinto, Luca Dondi Dall’Orologio, amministratore delegato Nomisma.
Come si posiziona l’Italia nello scenario delle Smart Cities?
«Il nostro Paese parte in ritardo. Siamo tra gli stati europei posizionati peggio dal punto di vista della digitalizzazione, di connettività e di propensione delle popolazioni agli strumenti digitali: questo però non toglie che la pandemia è riuscita a comportare un’accelerazione, una maggiore diffusione dell’accesso a Internet, con acquisti online o per usufruire di numerosi servizi. Anche la Pubblica Amministrazione ha fatto grandi passi in avanti sotto questo punto di vista: si sono verificate delle serie di fattori che hanno portato a un miglioramento che sarà destinato a durare nel tempo».
E Bologna?
«Si parla di un ritardo strutturale nel Paese, ma c’è una tendenza al miglioramento. Bologna rappresenta un’avanguardia, una città in cui c’è maggiore attenzione e qualità del capitale umano per la tecnologia. In questo territorio, rispetto ad altre città, non mancano numerosi elementi, tutti importanti per le graduatorie smart».
Un buon risultato, giusto?
«Sì, ma non basta e non ci si può fermare. È un buon risultato se si guarda al campionato nazionale, ma se si alza la testa e si guarda al livello continentale siamo ancora molto indietro: per competere serve fare ancora molta strada. La rivoluzione delle Smart Cities non si limita solo al car sharing o ai monopattini elettrici. In Italia stiamo meglio degli altri ma non abbiamo ancora raggiunto un livello considerevole se paragonato con le città all’estero».
Quindi, come procedere?
«Gli strumenti da mettere in atto non sono pochi. L’informazione serve per evidenziare gli aspetti su cui migliorare, ma si tratta comunque di problemi che non si risolvono con un singolo investimento. Serve una cultura che individui le priorità: ad esempio, dal punto di vista edilizio, queste riguardano il miglioramento della qualità del patrimonio. L’accelerazione della rigenerazione urbana è un aspetto importante per scalare gli altri gradini della graduatoria, mentre come si può notare su questo ci si muove troppo lentamente».
Quali sono i risultati che un cittadino potrebbe raggiungere continuando a seguire questo percorso?
«Una maggior qualità della vita, riduzione dei tempi, accessibilità ai servizi. Non è solo una questione di tempo, ma anche la possibilità di ottimizzare la propria giornata scaricando lo stress provocato, al contrario, da tante ore passate in attesa o in fila. Anche per questo si parla spesso della famosa città a quindici minuti: quello è senz’altro lo stimolo verso cui protendere. È vero, sono processi lenti che non possono realizzarsi da un anno all’altro, ma ha senso porsi questo traguardo e ragionare in termini di investimento per raggiungere un equilibrio che all’estero è già più concreto».
Come ci possono aiutare i dati?
«Sono molto importanti, questo è chiaro. E avere sempre più dati è il prerequisito per migliorare la capacità decisionale. Ma bisogna saperli usare, leggere, selezionarli e renderli fruibili. La quantità non è tutto. È necessario infatti renderli funzionali, comprensibili. Anche per questo serve capitale umano capace di interagire con i nuovi strumenti».