Golfo della Spezia – È dal mare che per secoli l’uomo ha tratto molto del nutrimento di cui aveva bisogno: un mestiere antico come l’umanità, quello del pescatore prima e del ‘coltivatore’ poi, figlio di un legame spirituale che ci lega all’azzurro che si estende fino all’orizzonte. Oggi però il mondo è cambiato e così il clima e le nuove tecnologie diventano preziose alleate dell’uomo.
Lo sanno bene i mitilicoltori spezzini che da tantissimi anni coltivano mitili, o meglio ‘muscoli’ come sono conosciuti in zona, e ostriche nel ricco Golfo della Spezia che si estende dal parco delle Cinque Terre al parco del Magra, fra il mare di Lerici, quello di Portovenere e l’Isola Palmaria. Sono prodotti da 86 soci che si tramandano un’attività oramai secolare, di padre in figlio, con metodi antichi, che permettono di mantenere una produzione autoctona. Pannelli fotovoltaici, sensori e barche elettriche sono alcune delle scommesse da portare avanti, come sottolinea Paolo Varrella, presidente della cooperativa mitilicoltori spezzini.
«Stiamo ultimando il tetto fotovoltaico sopra la sede di Santa Teresa dell’associazione – sottolinea –, gli unici un Liguria. Un impianto da 200 kilowatt che in pratica ci permetterà di essere autonomi sotto il profilo energetico».
In collaborazione con Enea, Cnr, Ingv, la scuola di mare di Santa Teresa e le istituzioni locali hanno poi dato vita a una piattaforma di cooperazione, la ‘Smart bay Santa Teresa’: «Insieme facciamo didattica, ricerca e sperimentazione per arrivare alla sostenibilità ambientale – prosegue Varrella – e in quel contesto abbiamo sviluppato una seria di sensori autonomi che comunicano i dati attraverso delle onde acustiche. Vengono collocati nei vivai, dentro e fuori la diga, e in tempo reale comunicano dati che noi possiamo visualizzare sullo stato del mare anche sullo smartphone: la temperatura, il Ph, la salinità, la corrente e la saturazione dell’ossigeno. Serve per capire soprattutto l’andamento delle temperature e l’ossigeno disciolto: per esempio questa estate è stato utile perché mentre aumentavano le temperature, cresceva la predazione delle orate e per noi è il problema numero uno».
Nel futuro la volontà è anche quella di riuscire a convertire le imbarcazioni al motore elettrico, poi «collaborazioni con gli enti di ricerca per creare dei dissuasori che servano ad allontanare le orate dai vivai. Quest’anno a causa delle orate abbiamo perso il 50% della produzione. Ogni anno produciamo circa 20mila quintali di muscoli e un centinaio di quintali di ostriche. Infine stiamo anche facendo uno studio, finanziato dall’Ue, per sostituire le classiche retine dei muscoli con prodotti biocompostabili».