Sarzana (Spezia) – Nuove edificazioni possono andare di pari passo con la sostenibilità ambientale, con un basso impatto energetico e soprattutto con l’utilizzo di fonti rinnovabili? Assolutamente sì e a spiegarcelo concretamente (e pazientemente) è Sara Scipioni, responsabile del controllo di gestione della Gestisci srl, società sarzanese che vanta 30 anni di esperienza nel settore delle costruzioni, nonché coordinatrice del gruppo di ricerca interdisciplinare del progetto Autens – acronimo di autarchia energetica sostenibile – portato avanti dall’università degli studi di Pisa. Un modello di smart city potrebbe essere più vicino di ciò che molti pensano.
Ma andiamo con ordine e partiamo con l’inquadrare l’impresa in cui la trentaduenne sarzanese ha un ruolo cruciale. «Facciamo parte di Ance (associazione nazionale costruttore edili) – ci ha spiegato Sara Scipioni – e ci concentriamo quasi esclusivamente su nuove costruzioni e su interventi di efficientamento energetico che puntiamo a far restare in zona, con particolare riferimento a Sarzana e al territorio spezzino».
Sara, come si può edificare case o appartamenti restando sostenibili?
«Volere è potere. Noi ci rifacciamo prevalentemente a tre principi dell’economia circolare, un modello di produzione e consumo che presuppone condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile».
Come operate nel concreto?
«Prediligiamo la progettazione modulare che significa produrre il minor scarto possibile. Cerchiamo poi di riutilizzare tutti i materiali che abbiamo in loco, massimizzando quindi il riutilizzo e coordiniamo le forniture per produrre meno Co2. Questo significa che non facciamo ordini in più puntate, ma ragioniamo bene su ciò che ci serve – affidandoci a fornitori locali e quindi vicini a noi – riducendo al minimo i trasporti».
A cosa state lavorando attualmente?
«Abbiamo tra le mani più progetti tra cui la realizzazione di uno centro ippico altamente sostenibile in via Ghiarettolo a Sarzana e, in fase più embrionale, ci sarebbe la creazione di una comunità energetica, che sarebbe la prima del levante ligure, ed è il fulcro del progetto di ricerca portato avanti dall’ateneo pisano».
In cosa consiste il progetto?
«Siamo partiti nel settembre 2020 con l’intento di approfondire il tema delle comunità energetiche per studiare la povertà energetica. Quindi con la volontà di promuovere l’utilizzo di energie rinnovabili, come le biomasse o le pale eoliche, in particolari zone in cui l’energia scarseggiava. Alla luce degli ultimi avvenimenti globali – come la guerra in Ucraina e l’impennata del gas – abbiamo pensato di stimolare non soltanto le zone che possiamo definire svantaggiate, ma anche quelle urbane e suburbane. Da qui l’idea di declinare il progetto su Sarzana».
Fantastico. Ma cosa si intende per comunità energetica?
«In sostanza una comunità energetica sfrutta la collaborazione. Piccole e medie imprese, enti pubblici e privati possono mettere insieme le loro forze e, collegate, producono insieme energia rinnovabile. Questo anche per evitare lo spreco. Mi spiego: significa arrivare a poter avere una batteria che mantiene energia anche nel momento in cui non viene prodotta, da condividere ad esempio con i vicini di casa».
Sembrerebbe un’idea bellissima. Ma immagino che i costi siano elevati.
«Gli strumenti e la gestione costano, ma questo è incentivato da normative nazionali. A giugno arriveranno i finanziamenti regionali e nazionali per l’acquisto di pannelli per le comunità energetiche».
Benissimo, ma nel concreto come potrebbe funzionare la comunità energetica a Sarzana?
«Oltre al centro ippico abbiamo già ottenuto il parere favorevole di un complesso residenziale che si trova nelle vicinanze. Stiamo dialogando con il Comune per poter comprendere anche il centro sportivo Cristoni e condividere in quel modo l’energia tutti assieme».
A che punto siete?
«Siamo in fase di fattibilità tecnica e abbiamo già alcuni pannelli fotovoltaici, considerando il maneggio dei cavalli si potrebbero utilizzare anche le biomasse. Si tratterebbe poi di realizzare un’associazione senza scopo di lucro che godrà di tariffe agevolate. Ovviamente l’ideale sarebbe arrivare a produrre in autonomia tutta l’energia di cui la comunità necessità».
Ci sono moltissimi pro. Esistono dei contro?
«Nessuna controindicazione – conclude Scipioni –, sarebbe però davvero importante per la riuscita effettiva del progetto che le persone siano disposte a cambiare un po’ le loro abitudini. Come l’impegnarsi a utilizzare gli elettrodomestici che consumano di più nelle ore diurne, quando l’energia solare non manca».