Pierluigi Stefanini è il presidente di ASviS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile): nata nel 2016 su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’ per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’Agenda 2030 Onu per lo sviluppo sostenibile, l’Alleanza riunisce oggi più di 300 istituzioni e associazioni della società civile, tutte attive sui temi della sostenibilità economica, sociale e ambientale.
In questi mesi, ASviS ha curato, assieme alle testate del gruppo Monrif, l’organizzazione dei digital panel di QN Città future, che culmineranno nell’evento di domani, primo dicembre, all’Opificio Golinelli.
Stefanini, a che punto è l’Italia nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità fissati dall’Agenda 2030?
«Il rapporto ASviS 2022, che abbiamo presentato in occasione dell’ultimo Festival dello sviluppo sostenibile, lo scorso ottobre, fotografa uno scenario che definirei allarmante. La crisi sistemica del modello di sviluppo dominante – accelerata da eventi di portata enorme, come la pandemia, la guerra in Ucraina e i cambiamenti climatici – sta ampliando a dismisura le disuguaglianze sociali».
Quali sono, in particolare, gli indicatori in peggioramento?
«Dal 2019 al 2021 registriamo un aumento delle disuguaglianze di reddito, una crescente difficoltà del sistema sanitario di rispondere alle esigenze dei cittadini, soprattutto dei più deboli, e un arretramento degli indicatori ambientali, specie quelli sul consumo di suolo e sulla gestione delle risorse idriche. Gli unici, timidi, passi avanti sono stati realizzati nei cosiddetti ‘Goal’ 7 e 8, corrispondenti, rispettivamente, all’uso di energia pulita da fonti rinnovabili e al miglioramento dei livelli occupazionali. Un miglioramento che, tuttavia, non riguarda le fasce d’età più giovani».
Nel recente quaderno ASviS sulla giusta transizione ecologica si afferma che l’impronta ecologica dell’Italia è pari a 5,3 volte le risorse generate del territorio nazionale: cosa significa?
«Significa che sfruttiamo 5,3 volte le risorse garantite dal nostro territorio: è un’impronta smisurata. Per il cambio di passo – quanto mai urgente – siamo chiamati a usare al meglio le nostre conoscenze, la scienza, la creatività. Ci mancano, però, il coraggio, la volontà politica, la capacità di rendere socialmente appetibile e culturalmente dominante la transizione ecologica: solo in questo modo potremo intraprendere la strada dello sviluppo sostenibile».
Eppure il principio della salvaguardia ambientale è stato inserito anche nella Costituzione: una riforma che ASviS invocava da anni.
«E che abbiamo accolto con soddisfazione: la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi sono ora diritti costituzionali, principi chiave con cui si garantisce il benessere per i cittadini di oggi e le generazioni future».
Tra le tante proposte che avete lanciato per migliorare la qualità della vita nelle città, spicca quella di piantare 227 milioni di alberi in 8 anni.
«Gli alberi, è bene ricordarlo, sono importanti per la vita delle persone, ma il loro ruolo è ancora più cruciale nelle aree urbane: catturano e sequestrano l’anidride carbonica, mitigano le isole di calore urbano, regolano i reflussi idrici superficiali, sono termoregolatori. Pensiamo, inoltre, a tutti i benefici sociali, in termini di benessere individuale e collettivo, tra cui la possibilità di rigenerazione fisica e mentale: un elemento emerso in tutta la sua evidenza in piena pandemia».
A proposito di pandemia, ha reso evidente quanto sia aumentata la circolazione di merci all’interno delle città. Qual è l’impatto dei cambiamenti della logistica sui centri urbani?
«L’acquisto di prodotti e servizi online e le consegne a domicilio sono cresciuti in modo esponenziale: ciò ha contribuito, da un lato, all’incremento della cosiddetta ‘occupazione flessibile’, non di rado priva delle tutele fondamentali (basti pensare ai rider), dall’altro, alla moltiplicazione di nuovi poli logistici e piccoli magazzini alle porte delle città. Come ASviS proponiamo di introdurre regole che consentano di governare il fenomeno: basterebbe, ad esempio, applicare un’imposta sui veicoli pesanti nelle aree urbane e impiegare gli introiti in investimenti per la mobilità sostenibile».