Pisa – Città moderne, intelligenti, ambientalmente sostenibili, dotate di servizi, anche quelli legati alla mobilità collettiva, efficienti. Ma è proprio così. Lo abbiamo chiesto a Marco Frey, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese, direttore del gruppo di ricerca sulla sostenibilità della Scuola Sant’Anna di Pisa e direttore di Ricerca all’istituto di economia e politica dell’energia e dell’ambiente.
Frey non è solo un esperto del settore, ma è anche presidente della Fondazione Global Compact Italia, organismo delle Nazioni Unite, e di Cittadinanzattiva, e organizzazione non-profit che promuove la partecipazione civica e la tutela della diritti dei cittadini. Insomma, è al centro della questione da anni e studia da anni l’evoluzione della mobilità sostenibile.
La mobilità Smart che vediamo nelle nostre città (bike sharing, monopattini elettrici, car sharing) è davvero sostenibile o si può fare meglio? E come?
«Intanto è necessario spiegare ai cittadini che l’elemento chiave della mobilità Smart (termine inglese che significa intelligente e sostenibile) è l’integrazione tra tecnologie digitali, infrastrutture e soluzioni sostenibili. Un sistema di Smart mobility quindi in primis richiede un sistema di informazioni aggiornato in tempo reale facilmente accessibile che connetta infrastrutture di mobilità collettiva (come treni, metropolitane e mezzi pubblici) con soluzioni per l’uso individuale in sharing (come il bike sharing, l’uso dei monopattini elettrici o il car sharing)».
Uno dei grandi temi delle “città intelligenti” del futuro è lo smaltimento dei rifiuti e l’economia circolare: Pisa e l’Italia a che livello sono in questo ambito?
«L’Italia ha una posizione di leadership sull’economia circolare e sulla valorizzazione dei rifiuti, conquistato a causa della strutturale carenza di materie prime del nostro Paese. Negli ultimi anni però altri Paesi (come ad esempio l’Olanda) sono stati capaci di migliorare meno di noi. Il problema principale che stiamo vivendo in questo momento è quello di riuscire a fare sistema, accompagnando con le opportune azioni istituzionali la vitalità di una parte rilevante del nostro sistema economico. Un esempio chiaro di questa criticità è costituito dal cosiddetto end of waste, ovvero la disciplina giuridica riguardante la cessazione della qualifica di rifiuto al termine di un processo di recupero».
Su quest’ultimo aspetto da anni l’università e la ricerca lavorano con proposte e progetti, ma politica e imprese ascoltano o invece vanno sostanzialmente avanti per la loro strada?
«La collaborazione tra università e imprese e istituzioni sta progressivamente migliorando. Come Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa siamo molto spesso stati ascoltati e negli ultimi anni anche sempre più cercati proprio per creare nuove e più efficaci opportunità di collaborazioni. Ovviamente è necessario porsi nella prospettiva di rispondere ai bisogni emergenti e di valorizzare il trasferimento della conoscenza scientifica al servizio di imprese e istituzioni e dunque direttamente dei cittadini».